La dedicazione ai SS.Giovanni Battista ed Evangelista, come è noto, non risale alla fondazione della
basilica Lateranense in Roma.
Come prima Chiesa in cui, per la sua ampiezza, fu dato a tutto il popolo cristiano di Roma [1] di potersi riunire intorno al suo vescovo, la Basilica assunse
probabilmente in origine il titolo di basilica del Salvatore [2], sebbene tale nome ci è testimoniato solo a partire da Gregorio Magno.
Nelle testimonianze precedenti viene chiamata, invece, Basilica [3] Costantiniana o del Laterano, derivando il primo, Costantiniana, dalla sua fondazione
voluta dalla stessa casa imperiale di Costantino ed il secondo, Lateranense, dall’aver egli messo a
disposizione per la nuova costruzione i terreni detti delle Aedes Laterani [4], su cui erano precedentemente costruite le caserme degli equites singulares, corpo
armato fedele a Massenzio e perciò disciolto alla fine della guerra [5].
La nuova denominazione, Basilica di S.Giovanni, viene normalmente attribuita al pontificato di Gregorio Magno. Esplicito su questo punto è, ad esempio, Carlo Pietrangeli che così afferma [6]:
Sotto Gregorio Magno (590-604) la basilica cambiò nome; infatti, accanto al Salvatore si aggiunsero i due S.Giovanni, il Battista e l’Evangelista, che poi finirono per prevalere, nella denominazione del sacro edificio [7].
In effetti, ciò apparirebbe supportato da alcune evidenze storiche e linguistiche, poiché è
solo con il suo pontificato che, intorno al 600, nelle testimonianze a noi pervenute, possiamo incontrare per la
prima volta esplicitamente l’appellativo “basilica di S.Giovanni”. Tale espressione compare in
una sua lettera, scritta per indire una litania settiforme, al fine di invocare il perdono di Dio. Nel descrivere
l’ordine delle processioni che devono partire dalle varie chiese per giungere, infine, alla chiesa della
santa Madre del Signore (S.Maria Maggiore) così recita Gregorio: “la litania dei chierici esca dalla
chiesa di S.Giovanni Battista” [8].
La stessa dizione troviamo anche nella intestazione di alcune omelie di Gregorio Magno: coloro che erano
incaricati di trascriverle si premurarono, infatti, di indicare il luogo nel quale erano state pronunziate.
Troviamo, così, l’indicazione “Basilica di S.Giovanni, detta costantiniana, nelle Omelie sui
Vangeli XVI, XX, XXII, XXV, XXVI, XXXIX [9].
E', inoltre, sempre papa Gregorio Magno a darci la prima testimonianza di reliquie dei due Giovanni, in possesso
della Chiesa di Roma e, verosimilmente, custodite nella Basilica stessa. Sappiamo, infatti, dalla lettera IX 229,
che Gregorio inviò al re dei Visigoti Reccaredo, nel 599, “una croce nella quale sono inclusi del
legno della croce del Signore e dei capelli di S.Giovanni Battista” [10]. Alcuni anni prima, nel 592, invece, Gregorio si era rivolto a Giovanni [11], abate del monastero di S.Lucia in Siracusa, perché
gli inviasse “la tunica di S.Giovanni” – gli studiosi concordano nel ritenere tale reliquia
legata all’Evangelista, per le attestazioni successive che ne parlano. Entrambe le reliquie risultano
essere conservate sotto l’altare della basilica ai tempi di Giovanni Diacono [12].
Questo ha condotto alcuni studiosi ad indicare proprio nella presenza delle due reliquie giovannee il motivo del
nuovo nome della Basilica. La venerazione di queste reliquie avrebbe indirizzato l’attenzione del popolo
romano ai due Giovanni e tale culto sarebbe stato valorizzato da papa Gregorio anche per caratterizzare in
maniera peculiare la Basilica, dinanzi alle due Basiliche che custodivano memorie ben più importanti come
le stesse sepolture dei SS.Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana ed in quella Ostiense.
Ad una analisi più approfondita vediamo, però, manifestarsi quattro ordini di fatti che rimandano
tutti ad una preesistenza del legame fra la Basilica e la memoria dei Giovanni. Vogliamo evidenziarli
separatamente, convinti – lo dichiariamo subito – che la loro convergenza sia significativa a
motivare che, se anche il cambiamento di nome dovesse essere attribuito a Gregorio Magno, di certo egli ha tratto
le conseguenze di tutta una storia che lo ha preceduto e non ne è stato il creatore [13].
Un primo elemento da segnalare è l’accertata presenza, nel periodo del pontificato di Gregorio
Magno, di una comunità monastica che portava i nomi dei SS.Giovanni, che aveva evidentemente la cura
liturgica della basilica. Il Liber Pontificalis parla di un rinnovamento di questo monastero adibito al servizio
della Basilica Costantiniana operato da Gregorio, segno che tale comunità già esisteva e,
probabilmente, già portava tale nome [14].
Il secondo elemento convergente ad una retrodatazione del riferimento al Battista è la tradizione liturgica propria di Roma, che indica, proprio nel giorno dedicato al Battista, particolari celebrazioni connesse ai due edifici correlati della Basilica e del Battistero. A partire dal VI secolo, il secolo successivo al pontificato di papa Ilaro – che fra poco vedremo più da vicino - incontriamo, nel Sacramentario Leoniano, l’indicazione di una tradizione liturgica, evidentemente ormai consuetudinaria che precisa la ricorrenza per il 24 giugno, giorno della festa del Battista, della celebrazione della messa in basilica e dei vespri nel battistero.
Così S.De Blaauw raccoglie i dati a nostra disposizione [15]:
Fu solamente con l'ampliamento dell'anno ecclesiastico nel corso del 4° e del 5°secolo, quando anche
altre chiese divennero luogo di celebrazioni liturgiche collettive, che la basilica Lateranense da unica chiesa
episcopale divenne una delle più importanti chiese stazionali.
Essendo chiesa urbana, la basilica Costantiniana non ebbe originariamente delle celebrazioni liturgiche
collettive per le feste dei santi. Nel 5°secolo però la tendenza di equiparare chiese urbane e memorie
divenne evidente anche al Laterano... Il sacramentario Leoniano compilato nel 6° secolo suggerisce infatti la
celebrazione di una liturgia stazionale al Laterano nel giorno della festa di un santo. Si tratta del formulario
«ad fontem» per il giorno della festa di Giovanni Battista il 24 giugno. Evidentemente era il
pontefice che in questo giorno celebrava al Laterano e la liturgia era in parte concentrata nel battistero dove
si trovava anche la cappella di S. Giovanni Battista. L'ordinamento inoltre indica che già in questo
periodo la celebrazione avveniva come sarebbe stato usuale nei secoli seguenti, cioè con una messa
stazionale nella basilica e la recita del vespro nel battistero. Non è escluso che tra questo fatto e la
più tarda dedica della basilica a S.Giovanni esista un legame. Per il resto il Leoniano fornisce il dato
topografico soltanto per la festa del Battista mentre il formulario per l'Evangelista viene riportato senza
alcuna allusione al luogo.
A sua volta, questa tradizione liturgica rimanda ad un fatto che ci fa risalire ancora più indietro nel
tempo, la dedicazione, nel Battistero Lateranense di due distinte cappelle, l’una a S.Giovanni Battista,
l’altra a S.Giovanni Evangelista, realizzata da papa Ilaro. E’ il terzo elemento convergente che ci
indica un ricordo giovanneo al Laterano, antecedente a papa Gregorio Magno.
Papa Ilaro (noto anche con il nome di papa Ilario), fu papa dal 461 al 468. Egli era diacono nel 449, quando, in
Asia Minore, si trovò coinvolto nel cosiddetto “latrocinio di Efeso”. Proprio in quella
città, per scampare ad un tentativo di agguato a lui teso dai monofisiti, gli avversari della posizione
cattolica che trionferà due anni dopo a Calcedonia, si rifugiò nella basilica efesina dedicata
all’Evangelista Giovanni ed a lui fece voto, chiedendo, per sua intercessione, salvezza. Scampato al
pericolo, tornato a Roma e divenuto papa, sciolse il voto edificando una cappella all’Evangelista, suo
protettore, ed una, simmetricamente opposta, al Battista. Sono le due cappelle che tuttora possiamo visitare nel
battistero Lateranense, disposte l’una di fronte all’altra sui lati opposti alle due entrate odierne
[16]. E’ questo il riferimento più
antico, a tutt’oggi conosciuto, del legame fra la Basilica e la memoria dell’Evangelista
Giovanni.
Infine, il quarto elemento, il più antico, ci rimanda alla fondazione stessa del battistero Lateranense.
Esso, non solo è indicato dal Liber Pontificalis (LP 48 c. 5), nelle notizie relative appunto al
pontificato di Ilaro come “Ad sanctum Iohannem, intra sanctum fontem”, ma lo stesso testo ci da
indicazioni che l’originaria disposizione architettonica della vasca battesimale, prevedesse,
nell’originaria donazione costantiniana, un gruppo statuario con il Cristo ed il Battista. Così si
esprime A.Cosentino [17]:
Il battistero era dotato, in labio fontis, di un gruppo scultoreo che rappresenta il battesimo di Cristo, scena in cui il Giordano è simboleggiato dalla vasca stessa. Il gruppo è composto da un agnello aureo e da due statue ai lati di questo, rappresentanti Gesù e Giovanni Battista, che regge il titulus: Ecce Agnus Dei” indicando probabilmente l’agnello. Attorno alla vasca poi vi sono sette cervi d’argento da cui sgorga l’acqua.
Veniamo così ad una prima conclusione. Se noi ripercorriamo, questa volta in senso inverso a partire da
ciò che è più antico risalendo verso il periodo del pontificato di Gregorio Magno,
l’itinerario che abbiamo descritto, possiamo sottolineare che il Battistero gioca un ruolo decisivo nella
valorizzazione del nome del Battista e dell’Evangelista. Fin dalla sua origine (IV secolo) ne porta il
ricordo attraverso il gruppo scultoreo che lo contraddistingue, già ai tempi di papa Ilaro (V secolo) ci
appare evidenza dei nomi dei due Giovanni e delle cappelle a loro dedicate, nelle tradizioni liturgiche del VI
secolo, trasmesseci dal Sacramentario Leoniano è già chiaramente individuabile un momento
liturgico, la festa del 24 giugno legata al Battista; infine, nel monastero del Laterano addetto alla cura della
basilica incontriamo ancora i nome del Battista e dell’Evangelista. Con Gregorio Magno, il nome di Basilica
di S.Giovanni si è ormai imposto.
Con questo non vogliamo negare a priori che possa esserci stato come un passo ufficiale compiuto da Gregorio
Magno, ma, se ciò può essere avvenuto – sebbene niente a tutt’oggi abbiamo come prova
diretta - il suo operato in questo senso non fu che quello di portare a compimento tutto un processo che era
già in atto da tempo.
Dei due Giovanni la venerazione del Battista ci appare più antica, essendo legata alla funzione stessa del
Battisero. Quella dell’Evangelista si manifesta per la prima volta, come abbiamo visto, con papa Ilaro,
legandosi agli eventi del Concilio di Calcedonia.
E’ lui il primo, stando ai dati in nostro possesso, con la dedicazione delle due cappelle simmetriche, a
venerare insieme i due Giovanni. Forse a Gregorio Magno è da far risalire la presenza delle reliquie
[18], sebbene, nell’epistolario, quella che
egli richiede esplicitamente è quella dell’evangelista, mentre quella del Battista sembra essere
già pacificamente acquisita..
Tutto ci riporta, allora, ad una grande importanza del Battistero, nell’insieme del complesso Lateranense. La basilica non nasce, infatti, come edificio isolato. Insieme ad essa vengono costruiti, fin dal principio, non solo il Palazzo episcopale del vescovo di Roma, ma, soprattutto, il Battistero Lateranense. Così Marco Valenti presenta, nella sua tesi di laurea Trasformazione dell'edilizia privata e pubblica in edifici di culto cristiani a Roma tra IV e IX secolo, pubblicata on-line sul nostro sito www.gliscritti.it nella sezione Roma e le sue basiliche, lo status quaestionis delle differenti fasi costruttive antiche del Battistero [19]:
Le notizie contenute nel Liber Pontificalis sul Battistero sono esplicite e si dilungano ad enumerare le
rendite per garantire il mantenimento della struttura, ma soprattutto l’abbondante e prezioso arredo
liturgico che Costantino volle donare al papa (una vasca di porfido ricoperta d’argento, un Agnus Dei
d’oro e sette cervi d’argento…) [20]. Tuttavia questa voce ufficiale tace sulla costruzione di un vero e proprio battistero.
È difficile pensare che i doni di Costantino siano stati elargiti per una costruzione che non fosse stata
istituita ex novo. Però si può anche pensare che il pontefice, almeno in un primo momento, non
abbia avuto a disposizione un nuovo battistero, ma abbia solo potuto organizzare un impianto per la celebrazione
del sacramento all’interno di una delle numerose abitazioni tardoantiche che non furono ovviamente
abbandonate né distrutte all’epoca e che anzi potevano accogliere anch’esse la prima residenza
episcopale del Laterano. Dalle fonti sappiamo che Sisto III ricostruì il battistero in forma ottagonale,
con vasca centrale e otto colonne di porfido [21].
Il battistero fu ripetutamente restaurato lungo i secoli. L’attuale sistemazione risale ai lavori di Urbano
VIII.
Dagli scavi effettuati risulta che il battistero di età costantiniana ebbe un impianto circolare con
vasca al centro, anch’essa circolare e del tutto coincidente con l’abside occidentale di un
sottostante frigidarium, pertinente ad una domus di III secolo. Di tale fase edilizia si conservano la fondazione
anulare a grossi blocchi di tufo e la muratura in opera laterizia che forma la vasca centrale. Del muro
perimetrale della sala circolare nulla è giunto fino a noi ad eccezione di otto lesene interne.
L’esame delle fasi costruttive dell’edificio ha portato gli studiosi a diverse interpretazioni della
successione degli interventi edilizi e delle sue fasi cronologiche.
Secondo Giovenale (scavi del 1926-1929) [22]
papa Silvestro adattò una delle sale della domus donatagli da Costantino a semplice fonte battesimale.
Un muro centinato in opera listata costituì poi il primo battistero, il c.d. baptisterium antiquum, cui
seguì il vero e proprio “battistero costantiniano” individuato in una sala circolare con
pilastri aggiunti e vasca circolare al centro.
Una campagna di scavi intrapresa dal Pelliccioni (1963-1969) [23] portò ad una diversa ricostruzione del battistero caratterizzata da una
sovrapposizione di più edifici: una sala circolare che crollò subito dopo la sua erezione, quindi
una seconda sala circolare che sfruttò la fondazione precedente con l’aggiunta di otto lesene
interne delimitanti aperture. Le due sale ebbero entrambe la medesima vasca circolare al centro. La seconda sala
crollò intorno al 340. Una terza sala, ma questa a pianta ottagonale con porte su tutti i lati si
innestò sulle due precedenti. Sisto III si limitò a restringere gli accessi.
La Cecchelli preferisce seguire l’ipotesi di Giovenale perché le sembra più aderente alle
fonti scritte [24] .
Brandt ha invece proposto di attribuire il battistero ottagonale, che avrebbe avuto una fondazione circolare,
all’intervento di Costantino. A Sisto III sarebbe da attribuire soltanto la ristrutturazione della vasca
battesimale [25].
Recentemente Augusto Cosentino fa il punto della situazione del battistero lateranense in un articolo degno di
attenzione sulla liturgia e il battesimo a Roma [26].
Sebbene una tradizione molto tarda indichi in questo luogo il presunto battesimo dell’imperatore Costantino
stesso, da parte del papa Silvestro che, scappato in cima al monte Soratte, sarebbe da lì disceso per
guarire miracolosamente l’imperatore con il battesimo – mentre gli studi moderni affermano con
sicurezza che Costantino è stato battezzato in punto di morte da Eusebio di Nicomedia, in Oriente -
nondimeno il Battistero è, da subito, luogo di enorme importanza. Moltissimi dei cristiani della
generazione costantiniana – e di quelle immediatamente successive – devono aver ricevuto la
“vita nuova” proprio nelle sue acque.
L’Impero che aveva perseguitato i cristiani ora, nella persona dell’imperatore stesso, nella persona
di Costantino, aveva costruito l’edificio nel quale si diventava cristiani! Il complesso lateranense
è dalle origini, allora, sentito dal popolo romano come il luogo del diventare cristiani, del nascere alla
fede. I suoi diversi edifici manifestano tutta l’iniziazione cristiana. Tutto questo non poteva non essere
chiaro ed evidente ai cristiani che partecipavano della possibilità di essere liberamente cristiani, dopo
la persecuzione dioclezianea. La dedicazione al Battista - è la nostra ipotesi – deve essere
ricondotta proprio alla centralità del Battistero nella vita liturgica del nuovo complesso e, forse a
partire dall’uso popolare, il nome deve essere passato da esso alla Basilica.
Vogliamo inoltre sottolineare che il Battistero fu interamente ricostruito da Sisto III (432-440), proprio nel periodo nel quale una grande polemica teologica e pastorale dilaniava la Chiesa: la questione pelagiana. Essa avrà certamente coinvolto le persone che hanno vissuto intorno al Battistero Lateranense. Non dimentichiamo la presenza proprio a Roma del famoso monaco, Pelagio, che sostenne, come avverrà altre volte nella storia cristiana, la priorità della libertà umana, sulla presenza della grazia e sulla efficacia del dono sacramentale. La Chiesa, per bocca di S.Agostino e dei sinodi dell’epoca, rispose – e tale risposta resterà normativa per tutte le generazioni a venire – affermando la necessità del battesimo e del battesimo dei bambini, come proclamazione di fede della precedenza della grazia sulla maturità dell’uomo.
Il grande dibattito sulla grazia, iniziato contro Pelagio, continuerà poi nei confronti della persona di
Giuliano di Eclano, vissuto vicino l’odierna Avellino, nel luogo ora chiamato Mirabella Eclano. Sisto III,
che aveva in gioventù avuto simpatie per la posizione pelagiana, prese prontamente le distanze da essa con
due lettere indirizzate ad Agostino sulla questione (le lettere 191 e 194 del 418 ca.) e, nel 439 –
Agostino era già morto – non riammise Giuliano d’Eclano nella comunione ecclesiastica,
perché non aveva ritrattato il suo errore [27] .
Come non leggere, allora, nei famosi versi iscritti nel primo ordine all’interno del battistero medesimo, e
dovuti alla volontà dello stesso Papa Sisto III, proprio una affermazione da leggersi anche in chiave
anti-pelagiana, mirante a riaffermare la forza preveniente e santificante della grazia cristiana?
Li riportiamo per intero, per la loro bellezza [28]:
Nasce da questo seme divino un popolo da santificare
che lo Spirito fa nascere da quest’acqua fecondata.
Immergiti, peccatore, nel sacro fiume per essere purificato.
L’acqua restituirà nuovo quello che avrà accolto vecchio.
Non c’è più distanza tra coloro che rinascono,
una sola fonte, un solo Spirito, una sola fede (li) uniscono.
La madre Chiesa partorisce verginalmente in quest’acqua
i figli che concepì per ispirazione di Dio.
Se vuoi essere innocente purificati in questo lavacro
sia che ti opprima la colpa paterna (di Adamo), sia la tua.
Questa fonte è la vita e lava tutto il mondo,
prendendo principio dalle ferite di Cristo.
Sperate nel regno dei cieli voi rinati a questa fonte.
La vita felice non riceve coloro che sono nati una sola volta.
Né qualunque numero o forma dei propri peccati atterrisca:
chi è nato a questo fiume sarà santo.
Pochi decenni dopo il pontificato di Gregorio Magno troviamo la prima raffigurazione a noi pervenuta che faccia riferimento alla dedicazione ai due Giovanni. E’ il mosaico della Cappella di S.Venanzio, nel battistero lateranense, iniziata da Giovanni IV Dalmata (640-642) e completata dal suo successore papa Teodoro (642-649). Esso reca proprio le immagini di S.Giovanni Battista e di S.Giovanni Evangelista, simmetricamente disposte, unitamente a quelle dei SS.Pietro e Paolo. Al centro, sotto il Cristo, sta invece la Vergine, in posizione orante.
La cappella fu progettata per accogliere le reliquie dei martiri dalmati Venanzio e Domnione che Giovanni IV,
originario appunto della Dalmazia, aveva voluto fossero traslate nel battistero. I due santi dalmati figurano ai
lati dei SS.Pietro e Paolo e dei due Santi Giovanni. Seguono infine le immagini dei due papi coinvolti nella
realizzazione della cappella, Giovanni IV ed il suo successore Teodoro, che portò a compimento
l’opera iniziata nel battistero dal suo precursore.
Probabilmente non fu ininfluente nell’omaggio artistico anche il fatto che il papa iniziatore
dell’opera portasse proprio il nome di Giovanni ed avesse perciò particolarmente cari i due Santi ai
quali la Basilica ed il Battistero erano ormai dedicati.
Alcuni Padri della Chiesa latina hanno sostenuto il passaggio di Giovanni Evangelista a Roma, prima dell’esilio a Patmos, motivato, a loro dire, dalla persecuzione romana che avrebbe cercato di punire la predicazione dell’apostolo con la morte. Così affermano S.Ambrogio, S.Girolamo, S.Agostino, ma di essi l’unica fonte appare essere il più antico Tertulliano che, nella sua opera La prescrizione degli eretici [29], così afferma:
Se vai in Italia, trovi Roma dalla quale ogni autorità è a nostra disposizione. Oh, quanto è felice questa Chiesa (di Roma) in cui alcuni apostoli hanno diffuso tutta la dottrina e versato il sangue: dove Pietro riceve un martirio simile a quello del Signore Gesù, dove Paolo riceve la stessa corona di Giovanni (il Battista), dove l’apostolo Giovanni immerso nell’olio bollente [30] non ne subì danno, venne condannato all’esilio nell’isola.
Se molti non attribuiscono alcun valore storico alla voce antichissima di Tertulliano, essa ci appare, invece,
rivelatrice almeno di un elemento di grande rilievo. La comunità cristiana di Roma ha conservato memoria
– qualsiasi cosa si pensi della storicità della testimonianza tertullianea – del fatto che
Giovanni si è “misurato” con la realtà della persecuzione romana. Se accettiamo
l’unanime tradizione di una morte in età avanzata di Giovanni – come anche la finale del IV
vangelo ci lascia intravedere – e ad essa colleghiamo l’inequivocabile testimonianza
dell’Apocalisse sulle misure persecutorie che costrinsero il suo autore a Patmos, ecco che possiamo
comprendere come la Chiesa di Roma abbia avuto grande interesse a ricostruire la storia dell’incontro fra
l’evangelista ed il potere imperiale, incontro che, se anche può essere mancato nella stessa
città di Roma, certo è avvenuto in Oriente, ad Efeso. Dinanzi a questo evidente tentativo di
mettere a tacere la sua voce, Giovanni non ha ceduto; anzi il suo “martirio”, pur non essendo giunto
fino a versare fisicamente il sangue, è stato prossimo a questo, testimonianza incrollabile della fede nel
Verbo che si è fatto carne.
Può questa coscienza del legame fra l’evangelista e Roma essere stata insignificante per le
generazioni successive a Costantino? Può non essere intervenuta nella dedicazione della cattedrale di Roma
all’evangelista?
Ci permettiamo di notare come, nella prima testimonianza a noi pervenuta del legame di Giovanni con il Laterano,
quella di Ilaro, è nuovamente l’esperienza di una liberazione dal pericolo di morte che è
all’origine della devozione giovannea del Papa e della dedicazione all’Evangelista di una delle
cappelle edificate nel Battistero Lateranense. E’ Giovanni l’evangelista che, nella coscienza di
Ilaro, lo ha liberato ad Efeso dalla persecuzione dei monofisiti e dal pericolo di essere da loro ucciso.
E’ per questo che l’evangelista Giovanni – colui che più ha penetrato il mistero della
piena umanità e della piena divinità di Cristo, scrutando la prima come segno espressivo della
seconda – è chiamato in causa ed onorato.
Se, allora, è certo che la dedicazione della Basilica all’Evangelista è espressione anche di
una successiva caratterizzazione della Basilica Lateranense rispetto alle due basiliche dei Pietro e Paolo, ci
sembra indubitabile che con essa si sia volutamente inteso onorare l’apostolo che ha “tenuto
testa” a Roma, quando essa non era ancora coscientemente la “santa città”, la
“madre di tutte le Chiese”.
Il successivo legame che nel Medioevo si instaurò con i luoghi di S.Giovanni a Porta Latina renderanno
esplicito ciò che la dedicazione già intendeva.
Le due Chiese legate alla memoria di una prigionia romana di S.Giovanni Evangelista, sono S.Giovanni a Porta
Latina ed il vicino tempietto di S.Giovanni in Oleo. La Chiesa di S.Giovanni a Porta Latina si presenta ora nel
suo aspetto medioevale, ma la sua origine è ascritta abitualmente al V secolo [31]. Il vicino oratorio di S.Giovanni Battista in Oleo (l’olio bollente
che sarebbe stato lo strumento del tentativo di uccisione dell’evangelista in Roma) è, forse, un
martyrium sorto nello stesso V secolo.
La ricorrenza liturgica del martirio da cui l’Evangelista uscì incolume era già fissata,
forse dai tempi di S.Ambrogio, al 6 maggio [32]. Con
Papa Sergio II, la Chiesa di S.Giovanni a Porta Latina con il tempietto di S.Giovanni in Oleo – con tutti i
possedimenti ad essi legati – passarono alla Basilica Lateranense ed al suo Capitolo. Tale passaggio di
proprietà avvenne nel 1145 [33].
Da Papa Sergio II in poi, fu proprio il capitolo Lateranense ad essere responsabile delle celebrazioni liturgiche
nella memoria specificamente romana del Santo evangelista Giovanni.
La ricerca fin qui condotta ci porta a concludere che la dedicazione della Basilica Cattedrale di Roma ai Santi
Giovanni non è frutto semplicemente di casualità, come sarebbe stato il dedicarla all’uno o
all’altro dei tanti santi della Chiesa cattolica. Il riferimento al Battista, invece, indica chiaramente la
consapevolezza del ruolo di Chiesa nella quale avviene la celebrazione del sacramento della rinascita cristiana,
della finalità di luogo legato alla celebrazione della nascita alla fede, dell’iniziazione
cristiana. Veramente è intesa la Chiesa “madre” nella venerazione di colui che battezzò
il Signore, mentre il cielo si apriva ed il Padre dichiarava la filiazione eterna del suo Unigenito, per donare
la vita di figli a tutti gli uomini.
Più difficile una interpretazione definitiva nella dedicazione all’Evangelista. Possiamo,
però, spingerci almeno alla considerazione di un aspetto rilevante che ci si pone dinanzi: se la Sede di
Roma è indubitabilmente il luogo della persistenza del primato petrino, ecco che la presenza nella
titolazione della Cattedrale di Roma a S.Giovanni ci invita - “pur non rinunciando in nessun modo
all’essenziale della missione” propria (Ut unum sint 95) e non sminuendo affatto, ma anzi esaltando
questo compito - a valorizzare, però, insieme, la complementare vocazione del “discepolo che
Gesù amava”. E’ solo l’amore nutrito dalla fede che è capace di non sminuire
affatto questa complementarietà, ma di mostrarne l’unità cattolica, così come Pietro
è la roccia che “deve entrare per primo al sepolcro”, mentre insieme lascia che Giovanni
“corra più veloce” di lui; e l’uno e l’altro riconoscono la vocazione con cui il
Signore li ha chiamati, nell’amore scambievole e nella comune testimonianza con la quale rendono gloria al
Signore nel mondo. E’ lo stesso rilievo che riguarda la congiunta venerazione di Paolo e Pietro. Se Roma
è la sede petrina ed è da questo solo fatto che le deriva il primato, non per questo ne risulta
sminuita la consapevolezza della presenza paolina a Roma e la fecondità che essa porta con sé. Solo
l’amore, illuminato dalla fede, e la fede, nutrita di amore, sono in grado di affermare, da un lato, che
Pietro è la roccia, senza escludere, dall’altro, ma anzi portandolo in palma di mano, che Paolo e
Giovanni gli sono al fianco, e non come spettatori. E non è, forse, ricco questo tempo illuminato dalla
testimonianza di colui che porta il ministero di Pietro ed il nome di Giovanni e di Paolo?
Per altri articoli e studi sui rapporti tra arte e fede presenti su questo sito, vedi la pagina Arte nella sezione Percorsi tematici
Per altri articoli e studi su Roma presenti su questo sito, vedi la pagina Roma (itinerari artistici, archeologici, di storia della chiesa e di pellegrinaggio) nella sezione Percorsi tematici
[Nota 1] Abbiamo già conoscenza di chiese cristiane pubblicamente conosciute dalla metà del III secolo d.C. Si fa spesso e giustamente riferimento alle fonti che ci attestano, per il 250 ca., cioè ancora in un periodo in cui il cristianesimo non è “religio licita” nell’Impero Romano, la presenza di una Chiesa vicino al Palazzo Imperiale di Nicomedia. E’, però, la prima volta che viene costruita una Chiesa grande al punto che un numero molto grande di persone possano radunarsi in essa.
[Nota 2] Molti autori ritengono che tutte le chiese dei primissimi decenni di libertà del cristianesimo fossero indistintamente dedicate al Salvatore, a Cristo Salvatore, ad eccezione delle chiese legate ai luoghi della sepoltura di martiri. Solo successivamente sarebbe prevalso l’uso di dedicarle ad uno o all’altro dei santi anche in assenza della loro sepoltura in loco.
[Nota 3] Gli studi recenti hanno ampiamente dimostrato che la
struttura delle basiliche cristiane non derivò dalla struttura templare greco-romana, ma, proprio a motivo
della realtà del culto cristiano così irriducibile agli schemi della religione pagana, si fece
riferimento piuttosto agli edifici basilicali civili romani, con una rotazione di 90° dell’asse.
Ciò avvenne per concentrare l’attenzione su di un punto focale al quale lo sguardo è
attirato: l’altare con l’abside retrostante, con l’asse così creato sempre rivolto ad
Oriente, ad indicare la presenza del sole che sorge, il Cristo, luce del mondo. Potrebbe aver influito nella
ideazione dell’edificio basilicale cristiano anche la struttura tipica delle sinagoghe, che, per il periodo
corrispondente al paleocristiano, presenta spesso uno sviluppo longitudinale, talvolta anche con abside;
l’influsso potrebbe altresì essere in alcuni casi inverso.
Lo spazio della navata fu ripensato come luogo della presenza di tutto il popolo che poteva così
partecipare alla santa eucarestia rivolto verso l’ambone della proclamazione della Parola e verso
l’altare del Sacrificio eucaristico.
E’ estremamente significativo che, date queste premesse, quando più tardi edifici templari furono
trasformati in Chiese, essi dovettero ricevere una radicale reimpostazione. Prendiamo, ad esempio, il caso
esemplare della cattedrale di Siracusa, in Ortigia, dove si dovette aprire la Cella sacra delle antiche
divinità ed, invece, chiudere lo spazio che separava le colonne. Mentre nel culto pre-cristiano, il
sacrificio degli animali avveniva all’esterno, sotto gli occhi di tutti, e l’offerta era poi portata
all’interno della cella, nascosta agli occhi del popolo, invece, nella Basilica paleocristiana è
tutto il popolo, pur nella profonda differenziazione sacramentale fra ministri ordinati e battezzati, ad accedere
allo spazio sacro che viene così ampliato.
[Nota 4] Così M.Valenti: L’area del Laterano fin dalla prima età imperiale era stata caratterizzata dall’esistenza di molteplici residenze private e da abitazioni legate alla famiglia dell’imperatore Marco Aurelio, come gli horti di Domizia Lucilla; in seguito la zona era stata in parte invasa sotto Settimino Severo dalla nuova caserma degli Equites Singulares (l’accampamento della guardia imperiale costituito dallo stesso Settimio Severo), che a sua volta si installò su una domus di II secolo (la cosiddetta “casa trapezoidale”), dalle grandi terme (i cui resti sono visibili all’imbocco con via dell’Amba Aradam) e dalle domus di epoca medio imperiale e poi tardoantiche di incerta identificazione (come quelle donate da Settimio Severo ai suoi amici Sextio Laterano, Fabio Cilone, Cornelio Anullino e quella detta “domus di Fausta”, nota alle fonti ma tuttora di dubbia identificazione) in M.Valenti, Trasformazione dell'edilizia privata e pubblica in edifici di culto cristiani a Roma tra IV e IX secolo di Marco Valenti, tesi di laurea di d.Marco Valenti in Storia dell'Arte Medievale, presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore Ch.mo Prof. Mario D'Onofrio, a.a.2002-2003 .
[Nota 5] Così, nel volume Cultus et decor , De Blaauw
sintetizza tutti i dati a tutt’oggi conosciuti relativi alla fondazione della Basilica Lateranense:
La denominazione Basilica Constantiniana, citata negli atti del concilio romano del 487, è la
più antica testimonianza ufficiale sul ruolo svolto dall'imperatore Costantino quale committente della
costruzione della basilica cristiana in Laterano. Alcuni decenni più tardi, nella prima redazione del
Liber Pontificalis, il nome dell'imperatore viene nuovamente messo in relazione con la basilica: “Huius
temporibus fecit Constantinus Augustus... basilicam constantinianam”. La storia della fondazione per
volontà imperiale si è però diffusa soprattutto grazie agli Actus Silvestri. Questo racconto
leggendario della vita del vescovo che ricoprì la sede apostolica di Roma durante il regno di Costantino,
ha forse preso forma già nel tardo 4° secolo. In esso si riferisce che l’imperatore, dopo esser
stato battezzato da Silvestro nella residenza imperiale del Laterano, diede ordine di costruire una chiesa nel
palazzo. Negli Actus però la notizia della fondazione della basilica Lateranense non ha un rilievo
particolare. L'autore di questo scritto mette invece assai più in evidenza l'edificazione della basilica
Vaticana affermando, in contrasto con la cronologia storica degli avvenimenti, che Costantino, dopo aver deposto
la veste battesimale il giorno dell'ottava di Pasqua, si diresse immediatamente verso la collina Vaticana per
dare avvio con le proprie mani alla costruzione della basilica in onore dell'apostolo Pietro. Soltanto il giorno
seguente egli avrebbe ordinato anche l'edificazione di una basilica al Laterano. (Nella cronologia degli Actus il
battesimo avvenne nella notte tra sabato e domenica di Pasqua, il 18 aprile del 314, la fondazione di S.Pietro il
1unedì dopo l’ottava, il 26 aprile, quello della basilica Lateranense martedì 27 aprile del
314).
Per quanto poi riguarda il fonte nel quale l'imperatore ricevette il battesimo, neanche a questo gli Actus
tributano molta attenzione, al contrario di quanto avviene nella vita di Silvestro del Liber Pontificalis dove
questo fonte memorabile viene senz'altro identificato col più tardo battistero del Laterano. Il fatto che
l'imperatore fosse stato il committente degli edifici del Laterano non aveva bisogno di esser particolarmente
sottolineato nella leggenda in quanto - a giudicare dal Liber Pontificalis - l'avvenimento era già stato
registrato nell'amministrazione ecclesiastica e come tale universalmente accettato quale dato storico
incontrovertibile. Soltanto nell'8° secolo la storia della fondazione del Laterano sarebbe comparsa in una
versione più enfatica e pretenziosa.
Le moderne esplorazioni archeologiche nella regione del Laterano hanno confermato pienamente la vecchia
tradizione che vedeva in Costantino il fondatore degli edifici cristiani. Tali scoperte inoltre, meglio delle
fonti storiche disponibili, danno la possibilità di ricostruire le vicende reali del sorgere di quel
complesso. In grandi linee queste possono esser riassunte come segue.
Dopo la battaglia di Ponte Milvio nell'ottobre del 312, Costantino sciolse il corpo degli equites singulares
che avevano combattuto a fianco di Massenzio. L'area della caserma degli equites, in una zona a sud-est della
città chiamata Lateranus dal nome dei suoi antichi aristocratici proprietari, fu destinata dall'imperatore
alla comunità cristiana. In quel luogo si costruì una grande basilica che fu messa a
disposizione del vescovo di Roma. Allo stesso tempo devono esser stati fondati un battistero e un vescovado.
Basilica e battistero sorsero nel primo periodo del regno di Costantino, cioè dopo la conquista del potere
a Roma, alla fine del 312, e prima che l'imperatore si trasferisse nell'oriente dell'impero nel 324. La basilica
fu una costruzione completamente nuova al luogo della caserma demolita e rasata fino a un'altezza di 1,10
m dal pavimento del piano terreno. Su questa terrazza artificiale fu edificata la basilica, mentre gli altri
edifici che sorgevano intorno alla caserma potevano in genere rimanere integri. Fu qui che sorse la cappella
battesimale il cui pavimento trovasi infatti ad un livello assai più basso di quello della basilica. In un
primo tempo la cappella era ancora incorporata tra le stanze di una domus presente in quel luogo. La questione se
il battistero vero e proprio sia stato costruito ex novo sotto Costantino nella forma di edificio a pianta
centrale risultata dagli scavi (come suppone il Giovenale), o se invece esso fosse momentaneamente sistemato in
una già esistente sala a pianta centrale della domus (come vuole il Pelliccioni), è questione
ancora aperta. Anche la casa di forma trapezoidale dietro l'abside della basilica potrebbe aver continuato ad
esistere dopo la costruzione di questa. Basilica e battistero ricevettero ciascuno un proprio patrimonio in
terreni perché ne godessero i proventi.
Il vescovo prese probabilmente dimora in uno degli edifici preesistenti nelle vicinanze della basilica. Sia
l'ampiezza che l'organizzazione del vescovado furono nel 4° secolo ancora molto modeste. Nel 5° secolo
però, si avvertono già i segni di un apparato amministrativo con funzioni specifiche e pertanto non
è escluso che in quello stadio si desse avvio all'edificazione di una speciale residenza sul fianco nord
della basilica. Sia la precisa datazione che la forma di tale costruzione non possono però esser
stabilite. I più antichi resti accertati di essa si trovano nell'edificio che attualmente cinge il Sancta
Sanctorum, a una distanza cioè di più di 100 m a nord-est della basilica. Qui su un muro tardo
antico si conserva un affresco che al più presto risale al 5° Secolo e la rappresentazione,
Agostino seduto con un libro, potrebbe indicare la funzione di biblioteca. Il fondatore avrà
dedicato la basilica al Salvatore come ex voto per la sua vittoria presso il ponte Milvio. Alle origini
tuttavia la chiesa veniva semplicemente indicata col toponimo di Lateranum. A partire almeno dalla fine del
5° secolo la denominazione più usata era quella di Basilica Constantiniana e dopo il 600 accanto a
quest’ultimo venne in uso il nome di Basilica Salvatoris. La basilica Lateranense era destinata alla
liturgia del vescovo di Roma, l'unica liturgia collettiva della comunità cristiana cittadina anche dopo
che erano sorte le chiese titolari, e il battistero presso di essa rimase l’unico dentro le mura fino al
4° secolo inoltrato. La basilica era il luogo più consono alla celebrazione delle grandi feste
dell'anno ecclesiastico e inoltre essa era la sede per la consacrazione dei vescovi di nuova elezione. Il centro
del culto cristiano funzionava però a rispettosa distanza dai luoghi di culto pagani tenuti ancora in
onore dall'aristocrazia, e per di più una zona di verde lo separava dal centro della vita pagana
dell'Urbe... Al momento della sua fondazione la Basilica Costantiniana fu destinata a luogo di convegno
del vescovo e della comunità cristiana di Roma in tutti i giorni liturgici del temporale, o, come avrebbe
detto il suo fondatore, «templum in quo populus christianus una nobiscum conveniens...». Con una
superficie netta di 4300 m 2 , l'edificio era in grado di accogliere una gran parte dei membri adulti
della comunità cristiana di allora (Sible De Blaauw, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella
Roma tardoantica e medioevale, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Studi e testi 356,
1994, vol. I, pp. 109-112 e 140).
Per le ultime acquisizioni degli studi sulla situazione archeologica sottostante l’area del Laterano e le
conseguenti identificazioni architettoniche, cfr. V.Santa Maria Scrinari, Il Laterano Imperiale (vol. I, Dalle
“aedes Laterani” alla “Domus Faustae”, vol. II, Dagli “Horti Domitiae” alla
Cappella cristiana, vol. III, La proprietà di Licinio Sura ed il problema degli acquedotti), Pontificio
Istituto di archeologia Cristiana, Roma, 1991, 1995, 1997; Ecclesiae Urbis, Atti del Congresso Internazionale di
studi sulle Chiese di Roma (IV-X secolo), Città del Vaticano, 2002, 3 voll., ed, in particolare, nel I
volume, A.Cosentino, Il battesimo a Roma: edifici e liturgia, pagg.109-142, e, nel II volume, O.Brandt, Ipotesi
sulla struttura del Battistero lateranense tra Costantino e Sisto III, pagg. 923-932.
[Nota 6] In C.Pietrangeli (a cura di), S.Giovanni in Laterano, Nardini editore, Firenze, 1990, pag. 12.
[Nota 7] Non dissimile è la posizione, solo apparentemente più ipotetica, di S.De Blaauw: (Il) suo nuovo appellativo... compare per la prima volta pure subito dopo il 600. L'aggiunta Sancti Johannis si trova nel catalogo di Salisburgo ed è riportata anche in una lettera di Gregorio Magno, nonché come intestazione sopra alcune prediche dello stesso pontefice. L'origine di questo nome è tutt'altro che chiara. Esso potrebbe derivare da un'associazione col battistero e con le cappelle giovannee ad esso annesse, oppure essere ispirato dalla presenza di reliquie di Giovanni nella basilica. Incerto è pure se originariamente ci si riferisse al Battista, all’Evangelista, o a tutt’e due i santi, come avverrà più tardi. Chiaro comunque è lo scopo di tale definizione. Col nome di Giovanni, meglio che con quello del Salvatore, la basilica disponeva di un'identità assai più consona al fenomeno del rapido sviluppo del culto dei santi, senza contare che come chiesa di Giovanni essa poteva meglio competere con le basiliche principali che erano dedicate a santi di alto rango quali Pietro e Paolo. D'altronde, l'appellativo di basilica S.Johannis rimase sempre più di ordine devozionale che amministrativo: il Liber Pontificalis non si serve mai di questa denominazione, che compare per la prima volta nelle continuazioni di esso successive al 900. Testi liturgici e narrativi invece adoperano spesso il nome del nuovo patrono che sarà anche messo in rilievo nella stessa basilica in due iscrizioni collocate sui muri del presbiterio al momento del restauro di Sergio III (904-911). Una delle epigrafi ricordava che la chiesa era stata, come prima al mondo, edificata da Costantino, dedicata al Salvatore e messa sotto la protezione di Giovanni. L'altra iscrizione confermava che la ricostruzione era avvenuta in onore del Salvatore e in memoria di Giovanni Battista. I due nomi di tradizione ufficiale basilica del Salvatore e basilica Costantiniana da un lato, e quello popolare di S.Giovanni dall'altro, caratterizzano le due tendenze che nel 7° e nell'8° secolo esistevano manifestamente l’una accanto all'altra mirando allo stesso scopo: il rafforzamento della posizione religiosa e ideologica della basilica Lateranense di fronte al fiorire dei luoghi di pellegrinaggio del Vaticano e della Via Ostiense (S.De Blaauw, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medioevale, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Studi e testi 356, 1994, vol. I, pp. 161-162)..
[Nota 8] E’ la lettera che troviamo nell’Appendice IX , nel IV volume delle Lettere di Gregorio Magno, Città Nuova editrice, Roma, 1999, p.367.
[Nota 9] Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, Città nuova editrice, Roma, 1994.
[Nota 10] Gregorio Magno, Lettere/3, Città nuova editrice, Roma, 1994, p.499.
[Nota 11] Gregorio Magno, Lettere/1, III, 3, Città nuova editrice, Roma, 1994, p.377.
[Nota 12] Ioannes Diac., Vita Gregorii, III, 57-59 (così in Gregorio Magno, Lettere/1, Città nuova editrice, Roma, 1994, p.377).
[Nota 13] E’, fra l’altro, da sottolineare che anche il nome ritenuto originario di Basilica del Salvatore, ci è testimoniato, anch’esso, nelle fonti a noi pervenute, solo dall’età di Gregorio Magno. Così si esprime a proposito S.De Blaauw: La denominazione della basilica Lateranense nel 7° secolo riecheggia un orgoglioso ricordo delle sue origini: «ecclesia Salvatoris nostri Jesu Christi, quae cognominatur Constantiniana, quae prima in toto mundo constructa et stabilita est a beatae memoriae Constantino imperatore, et est iuxta episcopium». Il nome Basilica Salvatoris compare per la prima volta in questo periodo. Da allora in poi l'antico nome di Basilica Constantiniana e il nuovo titolo compaiono assieme o separatamente nel Liber Pontifìcalis, fino al 780 spesso ancora accompagnati dall'indicazione topografica iuxta Lateranis o iuxta patriarchio Lateranense. Per quanto la basilica sia stata fin dalle sue origini considerata come chiesa votiva dedicata al Salvatore, tuttavia la menzione esplicita e costante del nome Salvatoris indica il bisogno di dare ad essa una chiara identità tra le altre chiese urbane che nel frattempo portavano tutte il nome di un santo (Sible De Blaauw, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medioevale , Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Studi e testi 356, 1994, vol. I, pp. 161).
[Nota 14] Questi i dati in nostro possesso, secondo la ricostruzione di Margherita Cecchelli: Documentato nei Dialoghi di Gregorio Magno è il monastero lateranense al quale fu a capo per molti anni un certo Valentiniano. Dalla stessa vita di Gregorio Magno del Liber Pontificalis apprendiamo che il pontefice rinnovò il monastero di S.Giovanni Battista, S.Giovanni Evangelista e S.Pancrazio posto “secus ecclesiam Salvatoris antiquitus istitutum”. Molti studiosi sono del parere che questa istituzione sia una diretta filiazione del monastero benedettino di Montecassino, motivata soprattutto dall’esodo dei Benedettini da quella località in seguito all’invasione ed alle distruzioni operate dai Longobardi nel 577. Tale convincimento però si basa soltanto sull’omonimia di un Valentiniano, primo superiore del monastero di Montecassino, e di Valentiniano, che per molti anni resse quello lateranense, secondo la testimonianza dei Dialoghi di Gregorio Magno, scritti tra il 593 e il 594. Lo stesso pontefice, però, in un altro passo dei Dialoghi, nel raccontare le devastazioni dei Longobardi al monastero Cassinese, non accenna minimamente all’esodo dei monaci a Roma e ad una loro fondazione del cenobio lateranense. Ciò è molto strano per una fonte così attenta alla storia benedettina. Nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono, verso la fine del secolo VIII, si parla per la prima volta dell’esodo dei benedettini a Roma, ma soltanto nel Chronicon Casinense di Leone Marsicano (secolo XII) si specifica che gli esuli da Montecassino fondarono un monastero presso il Patriarchio lateranense, per concessione di papa Pelagio II. Come si vede le origini di questa istituzione sono alquanto controverse. In realtà sembra soltanto di poter convenire che il monastero lateranense sia stato fondato nella seconda metà del secolo VI, ma non ad opera degli esuli cassinesi per prova eloquente del silenzio al riguardo di Gregorio Magno. L’intitolazione ai due Giovanni e a Pancrazio (quest’ultima fu quella che poi comunemente si ritrova) sembra essere primaria della fondazione anche se, nel passo dei Dialoghi relativo all’abate Valentiniano, Gregorio Magno ricorda l’istituzione presso la basilica del Salvatore semplicemente come “monasterio Lateranensi”. Al suo tempo, molto probabilmente, esso era il solo annesso alla chiesa episcopale romana ed ancora non era stato fondato, accorpando l’oratorio di papa Ilaro, il monastero di S.Stefano (M.Cecchelli, Laterano, pag. 48, in C.Pietrangeli, a cura di, San Giovanni in Laterano, Nardini editore, Firenze, 1990).
[Nota 15] S.De Blaauw, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medioevale , Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Studi e testi 356, 1994, vol. I, pp. 139-140.
[Nota 16] Così ne presenta la storia Giuseppe Sgarzini: Le Cappelle di San Giovanni Evangelista e di San Giovanni Battista furono edificate alla fine del secolo V da papa Ilaro (461-468), come ringraziamento ai due santi per lo scampato pericolo corso durante lo pseudo-concilio di Efeso del 449, manovrato dall’eretico Eutiche. L’architrave di ingresso della cappella dedicata a San Giovanni, l’evangelista che più è penetrato nel mistero della divinità e dell’umanità del Figlio, reca l’iscrizione dedicatoria: «Al suo liberatore il beato Giovanni evangelista, Ilaro, servo di Dio», e la citazione giovannea: «Diligite alterutrum (amatevi gli uni gli altri)». Ilaro, diacono, era stato inviato dal papa Leone Magno come suo delegato a Efeso, città giovannea, per contrastare Eutiche. Quest’ultimo affermava che Cristo non è consustanziale con noi, con l’umanità, ma che, una volta avvenuta l’incarnazione, si può affermare solo la natura divina di Cristo. Il cosiddetto «latrocinio di Efeso» del 449 sembrò segnare la vittoria della posizione monofisita (che afferma una sola natura di Cristo) di Eutiche. La tradizione cattolica della Chiesa riuscì invece, due anni dopo, nel concilio di Calcedonia, a confutare la posizione monofisita, che negava la reale umanità di Cristo, e ad affermare la presenza in Lui dell’unica Sua persona divina nelle due nature umana e divina, integre e complete, senza mescolanza, trasformazione, separazione o divisione. Succeduto a Leone Magno come papa, Ilaro costruì appunto le cappelle del battistero lateranense (G.Sgarzini, La basilica di S.Giovanni in Laterano, in A.Lonardo, a cura di, I luoghi giubilari a Roma, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2000, pp. 83-102.).
[Nota 17] A.Cosentino, Il battesimo a Roma: edifici e liturgia, in Ecclesiae Urbis, Atti del Congresso Internazionale di studi sulle Chiese di Roma (IV-X secolo), Città del Vaticano, 2002, vol. I, pagg.123-124.
[Nota 18] Come è noto, non è facile ricostruire la
storia delle reliquie antiche. Comunque la Basilica conserva tuttora quella che la tradizione indica come la
tunica di S.Giovanni Evangelista, in una scatola custodita nella Cappella delle Reliquie, detta anche Cappella di
S.Anna. Nel Museo di S.Giovanni in Laterano è possibile ammirare, invece, il Reliquiario medioevale della
tunica, risalente al XII secolo. E’ in rame dorato e pietre dure, con un coperchio a piramide tronca,
ornato da due medaglioni con scene a rilievo del Vecchio Testamento. Su questo cfr. R.Buono, Il Museo di
S.Giovanni in Laterano, Fratelli Palombi editori, Roma, 1986, pag.19.
A livello iconografico è importante ricordare la tradizione secondo la quale S.Giovanni avrebbe
resuscitato uno schiavo morto per veleno, ponendogli addosso proprio la sua veste, il suo mantello.
[Nota 19] Trasformazione dell'edilizia privata e pubblica in edifici di culto cristiani a Roma tra IV e IX secolo di Marco Valenti, tesi di laurea di d.Marco Valenti in Storia dell'Arte Medievale, presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore Ch.mo Prof. Mario D'Onofrio, a.a.2002-2003, on-line su www.gliscritti.it, alla sezione Roma e le sue basiliche. Le note al testo che seguono sono anch’esse tratte dal volume di M.Valenti.
[Nota 20] LP I, 174 ricorda la ricca suppellettile di papa Silvestro donata alla basilica e le rendite ricevute per il suo mantenimento. LP I, 234 riferisce di Sisto III che ricostruì il battistero in forma ottagonale, con una vasca centrale con otto colonne di porfido, sull’architrave del quale correva un’iscrizione. In LP I, 242 si narra di papa Ilaro che aggiunge al nucleo originario gli oratori di S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e S. Croce. Giovanni IV, infine, - come riporta il LP I, 330 - costruì l’oratorio di S. Venanzio.
[Nota 21] Ibidem , 234.
[Nota 22] Giovenale G.B., Il battistero lateranense nelle recenti indagini della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Roma 1927.
[Nota 23] Pelliccioni G., Le nuove scoperte sulle origini del battistero lateranense, in Memorie della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, serie 3a, 12 (1973).
[Nota 24] Cecchelli M., Dati da scavi recenti di monumenti cristiani e sintesi relativa a diverse indagini in corso, in Roma dal IV all’VIII secolo: quale paesaggio urbano? Dati da scavi recenti, Atti della giornata di studi, Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Age, 111- 1(1999), pp. 227-251.
[Nota 25] Brandt O., Ipotesi sulla struttura del Battistero Lateranense tra Costantino e Sisto III, in Ecclesiae Urbis, II, pp. 923-932. Dello stesso Autore si veda l’articolo Il battistero lateranense da Costantino a Ilaro, in Opuscola Romana, 22-23 (1997-1998), pp. 7-66. Le novità riportate nell’articolo sono: l’inesistenza di tracce di altri alzati sopra la fondazione circolare; gli indizi per la ricostruzione delle varie fasi, trovati nell’analisi della muratura esterna del battistero ottagonale; e, infine, il ritrovamento delle fondazioni della cappella della S. Croce, che appartengono al V secolo.
[Nota 26] Cosentino A., Il battesimo a Roma: edifici e liturgia, in Ecclesia Urbis, I, pp.109-142. In modo particolare per l’argomentazione sul battistero lateranense si vedano le pp. 114-125.
[Nota 27] Cfr. su questo A.Di Berardino, Sisto III, in Dizionario Patristico e di Antichità cristiane, Marietti, Casale Monferrato, 1983, vol. II, coll.3244-3245.
[Nota 28] G.B.Proja, Il Battistero Lateranense, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma, 1990, pag. 79.
[Nota 29] Tertulliano, La prescrizione contro gli eretici, XXXVI, 1, Borla, Roma, 1991, p. 123.
[Nota 30] Trae da qui origine l’iconografia, che tanta fortuna avrà, dell’evangelista immerso in una pentola di olio bollente. Una diversa tradizione, legata agli Acta Johannis, un apocrifo che vuole richiamarsi al nome di Procoro, secondo la tradizione segretario ed estensore degli scritti giovannei, parla, invece, di un veleno somministrato a Giovanni che non gli avrebbe recato alcun danno. Da qui l’origine dell’altrettanto fortunata iconografia dell’evangelista con un calice in mano, da cui fuoriesce un serpente.
[Nota 31] Così, ad esempio, la Guida di Roma del Touring Club Italiano, Milano, 1993, p.486. Anche la successiva notizia sul tempietto di S.Giovanni in Oleo è confermata dallo stesso volume, allo stesso luogo.
[Nota 32] Così G.B.Proja (in San Giovanni apostolo a Roma, ed. Basilica Lateranense, Roma, 2001, pag. 31) sintetizza i dati relativi alla celebrazione liturgica in memoria del “martirio” di S.Giovanni a Roma: La data era (come è attualmente) il 6 maggio. Il Sacramentario Gregoriano (composto tra il 625 ed il 638) ricorda una S.Messa in onore del martirio di S.Giovanni “Natale S.Johannis ante Portam Latinam”. La festa si è mantenuta fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Nell’oremus non si faceva memoria del martirio, ma vi alludeva la lettura del Vangelo di S.Matteo (20,20-23): la richiesta della madre di Giacomo e Giovanni circa i posti d’onore per i due figli, ai quali Gesù assicura che: “il mio calice lo berrete”. Però nel Proprio della Basilica Lateranense la menzione del martirio è esplicita: nella II lettura dell’Ufficio delle letture (presa da S.Girolamo), nell’antifona al Benedictus delle Lodi e al Magnificat dei Vespri: “il beato Giovanni, messo in una caldaia di olio bollente, con la protezione della divina grazia, ne uscì illeso, alleluia”. Dopo la riforma del Concilio la festa del 6 maggio non c’è più nel Messale; mentre nel Proprio Lateranense è “Dedicatio ecclesiae S.J.Apostoli et Evangelistae ante Portam Latinam”. Perciò nella Colletta si chiede al Signore “la protezione della intercessione del santo apostolo”. La menzione del martirio è rimasta, come già detto, nella liturgia delle ore.
[Nota 33] Altri vorrebbero retrodatare il legame fra la Basilica Lateranense e le due memorie di Porta Latina, proponendo il periodo di Papa Leone II (682-83). Cfr. G.B.Proja, San Giovanni apostolo a Roma, Edizioni Basilica Lateranense, Roma, 2001, pag. 38.