Un segno di speranza che ci sembra importante portare a conoscenza di tutti è la dichiarazione che permette ai fedeli cattolici (caldei) o ortodossi (assiri) dell'Iraq e dell'Iran di ricevere la comunione eucaristica non solo dai propri sacerdoti, in casi in cui si è impossibilitati, a causa dell'emigrazione avvenuta a volte per drammatici motivi, a partecipare all'eucarestia dei propri ministri ordinati.
L'Areopago
Data la situazione di grande indigenza di molti fedeli caldei e assiri, nei loro paesi d'origine e nella diaspora, la quale impedisce a molti di loro una normale vita sacramentale secondo la propria tradizione, e nel contesto ecumenico del dialogo bilaterale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente, è stato richiesto di disporre per l'ammissione all'Eucaristia fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell'Oriente. La richiesta è stata dapprima esaminata dalla Commissione congiunta per il Dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente. I presenti orientamenti sono stati successivamente elaborati dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani in accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Congregazione per le Chiese Orientali.
La richiesta di ammissione all'Eucaristia fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell'Oriente è connessa alla particolare situazione geografica e sociale nella quale vivono attualmente i loro fedeli. A causa di svariate e a volte drammatiche circostanze, molti fedeli assiri e caldei hanno lasciato il loro paese d'origine e sono emigrati in Medio Oriente, in Scandinavia, in Europa occidentale, in Australia e in Nord America. Poiché, in una diaspora tanto estesa, ciascuna comunità locale non può disporre di un sacerdote, numerosi fedeli caldei e assiri si trovano in una situazione di necessità pastorale per quanto riguarda l'amministrazione dei Sacramenti. Documenti ufficiali della Chiesa cattolica, come il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671, §2-§3 e il Direttorio per l'Applicazione dei Principi e delle Norme sull'Ecumenismo , n. 123, stabiliscono norme speciali per tali situazioni.
La richiesta è anche connessa all'attuale processo di riavvicinamento ecumenico in atto fra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente. Con la Dichiarazione comune cristologica , firmata nel 1994 da Papa Giovanni Paolo II e dal Patriarca Mar Dinkha IV, è stato risolto il principale problema dogmatico fra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente. Di conseguenza, anche il riavvicinamento ecumenico fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell'Oriente è prevenuto ad una ulteriore fase di sviluppo. Il 29 novembre 1996, il Patriarca Mar Raphaël Bidawid e il Patriarca Mar Dinkha IV hanno firmato un elenco di proposte comuni nell'intento di pervenire al ristabilimento della piena unità ecclesiale fra le due eredi storiche dell'antica Chiesa dell'Oriente. Il 15 agosto 1997 i Sinodi delle due Chiese hanno approvato tale programma e lo hanno confermato con un « Decreto Sinodale Congiunto ». I due Patriarchi hanno approvato, con l'appoggio dei rispettivi Sinodi, un'ulteriore serie di iniziative volte a promuovere il progressivo ristabilimento della loro unità ecclesiale. La Congregazione per le Chiese Orientali e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani incoraggiano tale processo.
La principale questione per la Chiesa cattolica nei riguardi dell'accoglimento della richiesta, si
riferiva al problema della validità dell'Eucaristia celebrata con l'Anafora di Addai e Mari, una delle tre
Anafore tradizionalmente in uso nella Chiesa assira dell'Oriente. L'Anafora di Addai e Mari è singolare in
quanto, da tempo immemorabile, essa è adoperata senza il racconto dell'Istituzione. Poiché la Chiesa
cattolica considera le parole dell'Istituzione Eucaristica parte costitutiva e quindi indispensabile dell'Anafora o
Preghiera Eucaristica, essa ha condotto uno studio lungo e accurato sull'Anafora di Addai e Mari da un punto di vista
storico, liturgico e teologico, al termine del quale, il 17 gennaio 2001, la Congregazione per la Dottrina della
Fede è giunta alla conclusione che quest'Anafora può essere considerata valida. Sua Santità
Papa Giovanni Paolo II ha approvato tale decisione. La conclusione a cui si è giunti si basa su tre principali
argomenti.
In primo luogo, l'Anafora di Addai e Mari è una delle più antiche anafore, risalente ai primordi della
Chiesa. Essa fu composta e adoperata con il chiaro intento di celebrare l'Eucaristia in piena continuità con
l'Ultima Cena e secondo l'intenzione della Chiesa. La sua validità non è mai stata ufficialmente
confutata, né nell'Oriente né nell'Occidente cristiani.
In secondo luogo, la Chiesa cattolica riconosce la Chiesa assira dell'Oriente come autentica Chiesa particolare,
fondata sulla fede ortodossa e sulla successione apostolica. La Chiesa assira dell'Oriente ha anche preservato la
piena fede eucaristica nella presenza di nostro Signore sotto le specie del pane e del vino e nel carattere
sacrificale dell'Eucaristia. Pertanto, nella Chiesa assira dell'Oriente, sebbene essa non sia in piena comunione con
la Chiesa cattolica, si trovano « veri sacramenti, soprattutto, in forza della successione apostolica, il
sacerdozio e l'Eucaristia » ( Unitatis redintegratio , n. 15).
Infine, le parole dell'Istituzione Eucaristica sono di fatto presenti nell'Anafora di Addai e Mari, non in modo
narrativo coerente e ad litteram , ma in modo eucologico e disseminato, vale a dire che esse sono integrate in
preghiere successive di rendimento di grazie, lode e intercessione. Infine, le parole dell'Istituzione Eucaristica
sono di fatto presenti nell'Anafora di Addai e Mari, non in modo narrativo coerente e ad litteram , ma in modo
eucologico e disseminato, vale a dire che esse sono integrate in preghiere successive di rendimento di grazie, lode e
intercessione.
Considerando: la tradizione liturgica della Chiesa assira dell'Oriente; la chiarificazione dottrinale circa la validità dell'Anafora di Addai e Mari; il contesto attuale in cui vivono i fedeli assiri e caldei; le relative norme previste nei documenti ufficiali dalla Chiesa cattolica; il processo di riavvicinamento fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell'Oriente, si formulano le seguenti disposizioni:
Roma, 20 luglio 2001
Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ha recentemente emanato un documento dal titolo: « Orientamenti per l'ammissione all'Eucaristia fra la Chiesa caldea a la Chiesa assira dell'Oriente» , elaborato in accordo con la Congregazione per la Dottrina della Fede e con la Congregazione per le Chiese Orientali. Il presente articolo ha lo scopo di chiarire il contesto, il contenuto e l'applicazione pratica di tale disposizione.
Fin dai primi tempi dell'attività missionaria cristiana, si sviluppò in Mesopotamia
o Persia una fiorente Chiesa locale. In quanto situata oltre i confini orientali dell'Impero romano, essa fu
comunemente chiamata «Chiesa dell'Oriente». Nel 1552, dopo una serie di conversioni individuali di
vescovi ovvero di unioni provvisorie, parte della «Chiesa dell'Oriente» entrò nella piena
comunione con la Sede Apostolica di Roma. Da quell'epoca, la Chiesa particolare in piena comunione con Roma à
stata comunemente chiamata «Chiesa caldea», mentre l'altra Chiesa particolare è stata definita
«Chiesa assira dell'Oriente». Entrambe queste Chiese particolari continuano a condividere la stessa
tradizione teologica, liturgica e spirituale. Esse celebrano i Sacramenti o Misteri Sacri secondo la tradizione
siriaca orientale.
L'11 novembre 1994 Papa Giovanni Paolo II e Mar Dinkha IV, Patriarca della Chiesa
assira dell'Oriente, hanno firmato una Dichiarazione comune cristologica, che
ha rimosso il principale ostacolo dottrinale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa
assira dell'Oriente[1]. I
due capi di Chiesa hanno dichiarato: « Prescindendo dalle divergenze
cristologiche che ci sono state, oggi noi confessiamo uniti la stessa fede nel
Figlio di Dio che è diventato uomo perché noi, per mezzo della
sua grazia, diventassimo figli di Dio. D'ora in poi, noi desideriamo testimoniare
insieme questa fede in Colui che è via, verità e vita, annunciandola
nel modo più idoneo agli uomini del nostro tempo e affinché il
mondo creda nel Vangelo di salvezza. (...) Vivendo di questa fede e di questi
sacramenti, le Chiese cattoliche particolari e le Chiese assire particolari
possono, di conseguenza, riconoscersi reciprocamente come Chiese sorelle».
Nella loro Dichiarazione comune cristologica Papa Giovanni Paolo II e il Patriarca Mar Dinkha IV si sono anche
impegnati a « fare tutto il possibile per rimuovere quegli ostacoli del passato che impediscono ancora il
raggiungimento della piena comunione tra le nostre Chiese, per poter rispondere meglio all'appello del Signore per
l'unità dei suoi discepoli, una unità che deve essere evidentemente espressa in modo
visibile». A tal fine, essi hanno deciso di istituire una Commissione congiunta per il dialogo teologico
fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente , che ha iniziato a riunirsi regolarmente a partire dal
1995. Durante i suoi incontri annuali, la commissione ha affrontato soprattutto questioni di teologia sacramentale in
vista di pervenire all'elaborazione di una futura «Dichiarazione comune sulla Vita Sacramentale».
La Dichiarazione comune cristologica ha anche avviato un processo di riavvicinamento ecumenico fra la Chiesa caldea
e la Chiesa assira dell'Oriente. Dal 1994, Mar Dinkha IV e Mar Raphael I Bidawid, Patriarca della Chiesa Caldea,
sostenuti dai rispettivi Sinodi, hanno approvato diverse iniziative volte a promuovere un progressivo ristabilimento
dell'unità ecclesiale fra le loro Chiese particolari. Questo processo è incoraggiato sia dalla
Congregazione per le Chiese Orientali che dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei
Cristiani.
Attualmente molti fedeli caldei e assiri vivono in una diaspora alquanto estesa territorialmente. A causa di
molteplici e, a volte, drammatiche circostanze, essi hanno lasciato il loro paese d'origine (Iraq, Iran e Turchia) e
sono emigrati in Occidente. La grande maggioranza dei fedeli assiri vive attualmente in Medio Oriente, in
Scandinavia, in Europa occidentale, in Australia e nel Nord America. Soltanto un'esigua minoranza è rimasta in
patria. Sebbene la maggioranza dei fedeli caldei viva ancora in Iraq, circa un terzo di loro si è trasferito
in Medio Oriente, in Europa e nel Nord America. Pertanto la Chiesa caldea e la Chiesa assira debbono confrontarsi, in
varie parti del mondo, con una uguale necessità pastorale, vale a dire che molti dei loro fedeli non possono
ricevere i Sacramenti da un ministro della propria Chiesa.
In considerazione della situazione di grande indigenza di molti fedeli caldei e assiri, nei loro Paesi d'origine e
nella diaspora, che non permette a molti di loro una normale vita sacramentale secondo la propria tradizione, e nel
contesto ecumenico del dialogo bilaterale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira dell'Oriente, sono state
richieste delle disposizioni pastorali per l'ammissione all'Eucaristia, in caso di necessità, fra la Chiesa
assira dell'Oriente e la Chiesa caldea.
La principale questione per la Chiesa cattolica nei riguardi
dell'accoglimento della richiesta, riguardava la validità dell'Eucaristia
celebrata con l'Anafora di Addai e Mari, una delle tre anafore tradizionalmente
in uso nella Chiesa assira dell'Oriente[2].
Questa particolare Anafora deve aver avuto origine in Mesopotamia, probabilmente nella regione di Edessa. Non si
è potuto stabilire con certezza la data della redazione finale di tale Anafora. Alcuni studiosi la
situanoattornoall'anno 200, per altri, essa risale all'inizio del III secolo; per altri ancora , l'Anafora sarebbe
stata redatta durante il III secolo. La Chiesa assira dell'Oriente tiene in massimo conto questa Anafora quale
elemento essenziale dell'eredità apostolica ricevuta da Addai e Mari, che essa venera come facenti parte del
gruppo dei 72 discepoli di Cristo e come missionari fondatori della loro Chiesa particolare. L'Anafora di Addai e
Mari, tuttavia, così come essa è riprodotta negli antichi codici giunti fino a noi, e così come
è utilizzata nell'ininterrotta pratica liturgica della Chiesa assira dell'Oriente, non contiene un coerente
racconto dell'Istituzione. Per molti anni, gli studiosi si sono chiesti quale fosse la versione originale
dell'Anafora di Addai e Mari. Per alcuni, la formula originale dell'Anafora sarebbe stata più sviluppata ed
avrebbe contenuto un racconto dell'Istituzione. Altri studiosi ritengono invece che essa non abbia mai contenuto un
racconto coerente dell'Istituzione, e che di conseguenza la versione breve sia quella originale. Tuttavia, la maggior
parte degli studiosi sostiene attualmente che la seconda ipotesi è con tutta probabilità quella esatta.
In ogni caso, tale quesito storico non può essere risolto con assoluta certezza a causa della scarsità
o meglio dell'assenza di fonti contemporanee. Ne consegue che la validità dell'Eucaristia celebrata con
l'Anafora di Addai e Mari non può basarsi su argomenti storici, e deve basarsi su argomenti dottrinali.
La Chiesa cattolica considera le parole dell'Istituzione parte costitutiva dell'Anafora o Preghiera Eucaristica. Il
Concilio di Firenze ha affermato che « Forma di questo Sacramento sono le parole con cui il Salvatore l'ha
consacrato. Il sacerdote, infatti, consacra parlando in persona di Cristo. E in virtù delle stesse parole la
sostanza del pane si trasforma in corpo di Cristo, e la sostanza del vino in sangue (D.H. 1321). Lo stesso
Concilio di Firenze ha definito le parole dell'Istituzione «formula [forma verborum] che la santa chiesa
romana […] ha sempre usato [semper uti consuevit] nella consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore
» (D.H. 1352), senza pregiudicare della possibilità da parte della Chiesa di una qualche variazione
della loro articolazione. Sebbene non abbia alcuna autorità sulla sostanza dei Sacramenti, la Chiesa ha il
potere di determinare la loro configurazione concreta per quanto riguarda il segno sacramentale (materia) che per
quanto si riferisce alle parole dell'amministrazione (forma) (cfr. CCCO, can. 669). Da ciò deriva la questione
dottrinale della validità dell'Anafora di Addai e Mari, se utilizzata nella sua versione breve senza un
coerente racconto dell'Istituzione. Le parole dell'amministrazione (forma) corrispondono alle condizioni di
validità, come richiesto dalla Chiesa cattolica? Per rispondere a questa domanda sono stati presi in
considerazione tre argomenti principali.
In primo luogo, l'Anafora di Addai e Mari è una delle preghiere eucaristiche più antiche e risale ai
primordi della Chiesa e alle prime norme liturgiche. Fu composta ed utilizzata con il chiaro intento di celebrare
l'Eucaristia in piena continuità con l'Ultima Cena, in obbedienza all'esortazione del Signore e secondo
l'intenzione della Chiesa. L'assenza di un coerente racconto dell'Istituzione rappresenta, di fatto, un'eccezione se
paragonata alle tradizioni bizantina e romana sviluppatesi nel IV e nel V secolo. Questa eccezione, tuttavia,
può attribuirsi alle sue origini primitive e al successivo isolamento della Chiesa assira dell'Oriente. La
validità dell'Anafora di Addai e Mari, infatti, non è mai stata ufficialmente confutata. La Chiesa
assira dell'Oriente utilizza anche altre due Anafore eucaristiche che sono di alcuni secoli più tarde: l'
Anafora di Nestorio , riservata a cinque occasioni liturgiche e l' Anafora di Teodoro di Mopsuestia,
adoperata dall'inizio dell'anno liturgico fino alla Domenica delle Palme, per circa sedici settimane. L'Anafora di
Addai e Mari, tuttavia, viene utilizzata durante il periodo più lungo e importante dell'anno liturgico, dalla
Domenica delle Palme alla conclusione dell'anno liturgico stesso, e copre circa duecento giorni. Inoltre, l'uso di
queste tre anafore non è libero, come nella tradizione latina, ma prescritto dal calendario liturgico. In
tutta coscienza di fede, la Chiesa assira dell'Oriente è sempre stata convinta di celebrare l'Eucaristia in
modo valido e di compiere così in pienezza ciò che Gesù Cristo chiese di fare ai suoi discepoli.
Essa ha espresso questa coscienza di fede utilizzando l'Anafora di Teodoro di Mopsuestia, l'Anafora di Nestorio o
l'Anafora di Addai e Mari, indipendentemente dal fatto che soltanto le prime due Anafore, di origine più
tarda, contengono il racconto dell'Istituzione. Bisognerebbe aggiungere che, per quanto riguarda il periodo del
Patriarcato cattolico sotto la guida del Patriarca Sulaka (1551-1662), non esiste alcun documento attestante che la
Chiesa di Roma abbia insistito per l'introduzione di un coerente racconto dell'Istituzione nell'Anafora di Addai e
Mari.
La Chiesa assira dell'Oriente adopera anche il cosiddetto sacramento o mistero (Rasà) del Santo Lievito. Da
tempi immemorabili, la tradizione assira racconta che Gesù diede a San Giovanni due pezzi del pane che Egli
aveva preso nelle sue mani, benedetto, spezzato, e dato ai suoi discepoli. Gesù chiese a san Giovanni di
mangiare uno dei pezzi e di conservare l'altro con cura. Dopo la morte di Gesù, San Giovanni immerse il pezzo
di pane nel sangue che sgorgava dal suo costato. Da ciò deriva il nome di «santo lievito», dato a
questo pane consacrato, intriso del sangue di Gesù. Fino ad oggi, il «santo lievito» è
stato conservato e rinnovato ogni anno nella Chiesa assira dell'Oriente. Il Vescovo locale lo rinnova il
Giovedì Santo, unendo al lievito rimasto quello nuovo. Egli lo distribuisce poi a tutte le parrocchie della
sua diocesi, affinché esse lo adoperino nel corso dell'anno, per ogni pane appositamente preparato dal
sacerdote prima dell'Eucaristia. Nessun sacerdote può celebrare l'Eucaristia utilizzando il pane eucaristico
senza il «santo lievito». Questa tradizione del sacramento o mistero del «santo lievito», che
precede la celebrazione eucaristica vera e propria, è da considerarsi certamente come un segno visibile di
continuità storica e simbolica fra l'attuale celebrazione eucaristica e l'istituzione dell'Eucaristia da parte
di Gesù.
In secondo luogo, la Chiesa cattolica riconosce la Chiesa assira dell'Oriente come autentica Chiesa particolare,
edificata sulla fede ortodossa e sulla successione apostolica. La Chiesa assira dell'Oriente ha anche preservato
pienamente la fede eucaristica nella presenza di nostro Signore sotto le specie del pane e del vino e nel carattere
sacrificale dell'Eucaristia. Nella Chiesa assira dell'Oriente, sebbene essa non sia in piena comunione con la Chiesa
cattolica, si trovano dunque «veri sacramenti e soprattutto, in forza della successione apostolica, il
sacerdozio e l'eucaristia, per mezzo dei quali restano ancora unite con noi da strettissimi vincoli» (
Unitatis redintegratio , n. 15).
Infine, bisogna osservare che le anafore eucaristiche occidentali e orientali, pur esprimendo lo stesso mistero,
hanno tradizioni teologiche, rituali e linguistiche diverse. Le parole dell'Istituzione Eucaristica sono di fatto
presenti nell'Anafora di Addai e Mari, non in maniera coerente e ad litteram , ma piuttosto in un modo
eucologico disseminato, ossia, integrate nelle preghiere di rendimento di grazie, di lode e di intercessione. Tutti
questi elementi costituiscono un «quasi-racconto» dell'Istituzione Eucaristica. Nella parte centrale
dell'Anafora, oltre all'epiclesi, vi sono espliciti riferimenti al Corpo e al Sangue eucaristici di Gesù
Cristo («Tu, mio Signore, per le tue molte e indicibili misericordie, abbi un ricordo buono e accetto di
tutti i padri, retti e giusti, che furono graditi davanti a te, nella memoria del corpo e sangue del tuo Cristo, che
noi offriamo a te sull'altare puro e santo, come tu ci hai insegnato»), al mistero dispensatore di vita
della Passione, della Morte e della Resurrezione di Gesù che viene commemorato e celebrato («ti
conoscano tutti gli abitanti della terra […] e anche noi, mio Signore, tuoi servi piccoli, deboli e miseri,
che siamo riuniti e stiamo davanti a te, abbiamo ricevuto per tradizione l'esempio che che viene da te,
rallegrandoci, glorificando, esaltando, facendo memoria e celebrando, questo mistero grande e terribile della
passione, morte e resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo»), all'offerta eucaristica per il
perdono dei peccati, alla dimensione escatologica della celebrazione eucaristica e all'esortazione del Signore
«fate questo in memoria di me» («Venga, mio Signore, il tuo Spirito santo e riposi su questa
offerta dei tuoi servi, la benedica e la santifichi; affinché sia per noi, mio Signore, per la remissione dei
debiti, per il perdono dei peccati, per la speranza grande della resurrezione dalla morte, e per la vita nuova nel
regno dei cieli, con tutti coloro che furono graditi davanti a te») . In tal modo le parole
dell'Istituzione non sono assenti nell'Anafora di Addai e Mari, ma menzionate esplicitamente, anche se disseminate
attraverso i passaggi più importanti dell'Anafora. è anche chiaro che i suddetti passaggi esprimono la
piena convinzione della commemorazione del Mistero pasquale del Signore, nel senso forte di renderlo presente, ossia,
con l'intento di tradurre in pratica esattamente quanto Cristo ha stabilito con le parole e con le azioni
nell'istituire l'Eucaristia.
L'Anafora di Addai e Mari è stata studiata a lungo e attentamente da un punto di vista teologico, liturgico e
storico. Il 17 gennaio 2001, la Congregazione per la Dottrina della Fede è giunta alla conclusione che essa
può essere considerata valida. In seguito Papa Giovanni Paolo II ha approvato questa decisione.
La Chiesa cattolica prevede norme speciali per situazioni di necessità pastorali come
quelle che la Chiesa assira dell'Oriente e la Chiesa caldea affrontano oggi.
Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 671, §2 e 3§, afferma: «Se però
lo richiede la necessità, oppure lo consiglia una vera utilità spirituale, e purché si eviti il
pericolo di errore e di indifferentismo, è lecito ai fedeli cristiani cattolici, ai quali è fisicamente
o moralmente impossibile recarsi dal ministro cattolico, ricevere i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e
dell'unzione degli infermi da ministri acattolici, nella cui Chiesa siano validi i predetti sacramenti. Così
pure i ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti della penitenza, dell'eucaristia, e dell'unzione
degli infermi ai fedeli cristiani delle Chiese orientali che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, se lo
chiedono spontaneamente e sono ben disposti». Il Direttorio per l'Applicazione dei Principi e delle
Norme sull''Ecumenismo , nn. 123 e 125, prevede le stesse regole.
Questa disposizione del Diritto Ecclesiale Cattolico Orientale e del Direttorio per l'Applicazione dei
Principi e delle Norme sull'Ecumenismo può essere applicata d'ora in avanti nelle relazioni fra la Chiesa
caldea e la Chiesa assira dell'Oriente. Se necessario, i fedeli assiri possono ricevere la Santa Comunione in una
celebrazione caldea della Santa Eucaristia. Parimenti, i fedeli caldei ai quali sia fisicamente o moralmente
impossibile accostarsi a un ministro cattolico, possono ricevere la Santa Comunione in una celebrazione assira della
Santa Eucaristia. In entrambi i casi, i ministri caldei e assiri dovrebbero continuare a celebrare la Santa
Eucaristia secondo le prescrizioni liturgiche e i costumi della propria tradizione, in particolare circa l'uso
dell'Anafora (cfr. CCEO, can. 674, §2).
Quando dei fedeli caldei partecipano alla celebrazione assira della Santa Eucaristia, il ministro della Chiesa
assira è caldamente incoraggiato a introdurre le parole dell'Istituzione nell'Anafora di Addai e Mari. Nella
Chiesa assira dell'Oriente questa possibilità già esiste. Infatti, il Santo Sinodo della Chiesa assira
dell'Oriente, riunitosi nel 1978 a Baghdad, ha dato ai ministri della Chiesa assira l'opzione di recitare le parole
dell'Istituzione nell'Anafora di Addai e Mari. Sebbene questa opzione non intacchi la validità dell'Anafora di
Addai e Mari, può avere una rilevanza particolare da un punto di vista liturgico ed ecumenico. Dal punto di
vista liturgico potrebbe essere uno strumento adeguato per rendere l'uso attuale dell'Anafora di Addai e Mari
conforme all'uso generale in ogni preghiera eucaristica sia nell'Oriente sia nell'Occidente cristiani. Da un punto di
vista ecumenico, può essere un'espressione corretta di rispetto fraterno per i membri di altre Chiese che
ricevono la Santa Comunione nella Chiesa Assira dell'Oriente e sono abituati, secondo la tradizione teologica e
canonica della propria Chiesa, ad ascoltare la recita delle parole dell'Istituzione in ogni preghiera
eucaristica.
Va osservato che queste considerazioni sull'uso dell'Anafora di Addai e Mari e gli orientamenti per l'ammissione
all'Eucaristia valgono soltanto per la Chiesa assira dell'Oriente e la Chiesa Caldea. L'Anafora di Addai e Mari
è parte del patrimonio liturgico e dell'identità ecclesiale della Chiesa assira dell'Oriente da tempo
immemorabile, e tale dovrebbe restare. La Chiesa assira ha conservato e trasmesso rispettosamente questa Anafora di
epoca in epoca, evitandone l'alterazione o l'adattamento nella sua recita per rispetto verso la sua origine
venerabile, tradizionalmente collegata al periodo apostolico. Poiché ogni Chiesa particolare celebra i
sacramenti secondo le proprie tradizioni, i propri principi e le proprie norme, sarebbe liturgicamente scorretto
trasferire elementi particolari di una tradizione liturgica ad un'altra. Le tradizioni liturgiche, infatti, sono come
le lingue, con un proprio vocabolario e una propria grammatica. Gli elementi essenziali di una tradizione liturgica
non possono essere trasferiti in un'altra senza attingere alla particolarità della prima e danneggiare la
coerenza della seconda.
I presenti orientamenti sono stati trasmessi a Sua Santità Mar Dinkha IV, Patriarca della
Chiesa assira dell'Oriente e a Sua Beatitudine Mar Raphael I Bidawid, Patriarca della Chiesa caldea. La promulgazione
di queste disposizioni fra la Chiesa assira dell'Oriente e la Chiesa caldea è di competenza delle due Chiese
particolari e delle loro rispettive autorità (cfr CCEO, can. 670, §1; 671, §4.5). Prendendo in
considerazione circostanze e condizioni concrete, esse dovranno elaborare procedure particolari e fornire strumenti
pastorali appropriati per la loro realizzazione.
Questo provvedimento per l'ammissione all'Eucaristia in situazioni di necessità pastorale non è
equiparabile alla piena comunione eucaristica fra la Chiesa caldea e la Chiesa assira dell'Oriente. Sebbene
strettamente collegate l'una all'altra in materia di fede e di vita sacramentale, le due Chiese particolari non hanno
ancora raggiunto la piena comunione. Avanzano ancora, con speranza e coraggio, verso quel giorno benedetto nel quale
si otterrà la comunione piena e visibile e sarà possibile celebrare insieme in pace la Santa Eucaristia
del Signore. Come Papa Giovanni Paolo II ha scritto nella sua Lettera Enciclica Ut unum sint : «Da
tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora passare all'unità visibile necessaria e sufficiente,
che si iscriva nella realtà concreta, affinché le Chiese realizzino veramente il segno di quella piena
comunione nella Chiesa una, santa cattolica. apostolica che si esprimerà nella concelebrazione
eucaristica» (n. 78).
ottobre 2001
[1] Traduzione dell'originale in lingua inglese della Dichiarazione comune cristologica fra Chiesa cattolica e Chiesa assira dell'Oriente , in: Enchiridion Vaticanum 14, Documenti Ufficiali della Santa Sede, 1994-1995, EDB, 1997, n. 1821-1829.
[2] Traduzione italiana: Segno di Unità: le più antiche eucaristie delle chiese, ed. Sabino Chialà, Ed. Qiquajon, Comunità di Bose, 1996, p. 302-305.