24/7 II Meditazione di Neri, omelia al monte Tabor


Riprendo in modo diretto il discorso che poco fa assieme si diceva. Anche il Tabor sul quale noi siamo, anche questo evento col quale noi ci confrontiamo “qui”, secondo la testimonianza concorde (…), anche il Tabor è uno scandalo. Uno scandalo di segno diverso, anche se non totalmente, rispetto allo scandalo di Nazareth, allo scandalo di Dio, che, essendo Dio, si nasconde, sceglie di nascondersi - e se noi vogliamo stare col nostro Dio, dobbiamo stare col Dio nascosto. E dal momento che vogliamo stare col nostro Dio, dobbiamo dire: “Sì, Signore, perché così è piaciuto davanti a te”.

Dicevo: di segno opposto, ma non del tutto. Avete sentito Gesù che dà l’ordine di non parlare di questa manifestazione, finché il Figlio dell’Uomo non sia risorto, finché alla fine questo Figlio dell’Uomo non sia scomparso dalla vista. Il suo manifestarsi non è diretto, nella storia. C‘è, ma è misterioso, c’è, ma è spesso (…). L’evento taborico, dunque, non va tanto visto come un manifestarsi del Cristo che per un attimo interrompe il suo non manifestarsi e si rivela. No. Come anche la sua resurrezione non è un manifestarsi del Cristo che interrompe il suo nascondimento. “Non omni populo”, “non a tutto il popolo, ma a testimoni preordinati da Dio”. E anche qui a tre dei suoi discepoli e con l’ordine paradossale, misterioso, ma pensate a tutto il Vangelo di Marco che, potrei ricordare, è impostato in questa prospettiva, di “non dirlo”, proprio perché poteva sembrare che si fosse manifestato. Non dirlo! “E ordinò loro severamente di non dire niente a nessuno, perché (lo conoscevano), perché sapevano che egli era il Messia”. Non dirlo! Sceglie. Nazareth ne è il segno e ne è il luogo primario. Ma anche, anche il Tabor con in più per così dire, lo scandalo complementare rispetto a Nazareth, come già accennavo, di questo uomo del quale occorre ormai dire - è Dio stesso che ce lo comanda - che è Dio. E’ grave lo scandalo di Dio che se c’è - e c’è - non risponde, non si manifesta. Ricordate quella pagina di E.Wiesel: “Ma dov’è adesso?”, quando suppliziavano. Continuano l’esecuzione capitale di quel ragazzo nel campo di concentramento: “Dov’è adesso?”. Ma (lì) non è Dio. Lo scandalo di Dio che ci ordina di dire che quest’uomo è Dio. Questo è il senso di quella luce, quella luce inaccessibile nella quale Dio si nasconde e che investe da sé, prima che la luce della shekinà, della dimora di Dio, avvolga il Cristo e i suoi testimoni privilegiati e, secondo una certa lettura che se ne può fare, forse gli stessi apostoli testimoni. Questa luce che investe il Cristo, che non è la luce riflessa dalla nube - è importantissimo! - è la luce che sgorga dal Cristo, di dentro, e tutto lo trasfigura, la sua carne e i suoi stessi abiti, è la luce intrinseca del Cristo, che il Cristo possiede, è la luce primordiale, è la luce stessa di Dio “avvolto di luce, come di un manto”, che è nel Cristo. Non c’è modo più esplicito per chi ragiona con categorie bibliche, con immagini bibliche e con termini rivelati da Dio, non c’è modo più esplicito per dire che quell’uomo è Dio.

Questa luce che lo avvolge e lo trasfigura - e questo è il paradosso - senza consumarlo. (Qualcuno potrebbe dire:) “Sì a quel punto scompare l’uomo e appare solo Dio”; lo scandalo sarebbe almeno parzialmente risolto, se le cose stessero così. Ma no! E’ una luce che nascendo dal di dentro, lo investe, lo avvolge, trasforma tutto, ma lo lascia, lui, uomo. Lui, uomo! Con la sua carne, con i suoi stessi abiti. Una luce che investe tutta la sua umanità, (…) totalmente, e che coesiste con l’apparire manifesto della sua umanità, perché in lui inabita tutta la pienezza della divinità, “somatikos”, corporalmente. Quindi il Cristo non è soltanto un rivelatore, non è soltanto qualcuno che manifesta Dio, come per luce riflessa lo manifestano tutti i santi, come per luce riflessa lo manifesta in modo mirabile la regina dei santi, la Vergine. Non è questo! Non è soltanto un profeta, né il più grande dei profeti, né colui nel quale Dio, per riflesso, appaia meglio che in qualsiasi altro e più che in qualsiasi altro nella storia del mondo. E’ Dio! Ma come l’uomo? “Erat lux”. “Erat lux vera”. La luce vera. E’ la vita, è la luce (…), è l’unigenito Dio, come dice il testo da recepirsi nel prologo di San Giovanni, che in se stesso ci rivela Dio. “Dio nessuno l’ha mai visto, l’unigenito Dio che è nel seno del Padre egli lo ha narrato”, perché chi vede lui vede Dio. E’ Dio. Questo significa, questo manifesta, questo mostra, questo proclama, ciò che dalle parole del Cristo è stato chiaramente, direttamente enunciato nel momento in cui i discepoli poterono dire: “Adesso finalmente parli chiaro e non parli più per immagini”.

E poi lo scandalo si accresce, in un certo senso – non può andare al di là di questo - ma si precisa, si configura ancora nei suoi termini più precisi, contestuali: Gesù, Gesù, quest’uomo è il fine e il senso di tutta la storia. Ma come la storia così vasta, con tante linee, la storia non raccontata, la storia dell’umanità? E’ chiaro che è un’utopia una storia universale - si possono fare diversi capitoli, ma non si può fare una storia universale, perché non c’è nessuno che possa vedere le concatenazioni compiute di tutta la storia globalmente - la storia universale è semplicemente un’utopia, un paradosso, è un’impostura? Ebbene Gesù è la sintesi di tutta la storia: tutte le cose sono state fatte per lui e tutte le cose convergono a lui e tutta la storia è per lui, pensa a lui, si protende a lui, desidera lui, vuole lui, parla con lui. Ne è il centro, ne è il vertice, ne è il perno. Questo vuol dire - fra le altre cose, stupendo, sarebbero tante – che Mosè ed Elia sono la storia nei suoi vertici del popolo eletto, quindi la storia della storia, quindi il livello più alto, la cresta dell’onda di tutta la storia dell’umanità, perché tutto è in funzione di Israele, tutto è per quella storia di quel popolo, il popolo eletto. Mosè ed Elia – perché Mosè ed Elia parlano - sono per lui, hanno parlato con lui, vedevano lui e ne gioivano, di lui parlavano in tutte le Scritture, lui attendevano tutti i profeti e tutti i giusti, protendendosi al momento del suo apparire.

Ma è possibile, è possibile che un uomo concentri in sé le linee innumerevoli, sconfinate, di tutto il manifestarsi turbolento, mirabile, tragico, della storia segreta del (mondo). Come, se crediamo - e crediamo in Dio! - dobbiamo dire sì al Dio che si nasconde, così, poiché crediamo, dobbiamo dire sì a quell’uomo. E’ tutta la storia. Non c’è una riga (che non gli appartenga), non c’è un segmento che sfugga. Come? La storia è (per lui).

E poi è il luogo unico - quest’uomo che è Dio - è il luogo unico della comunicazione di Dio agli uomini e degli uomini a Dio. “Questo è il mio Figlio, il diletto, ascoltate lui. Lui ascoltate”. Rispetto alla stessa preparazione, rispetto agli stessi vertici della storia dell’Antico Testamento che lo attendeva, lo preannunciava, ai vertici della santità che Dio stesso aveva creato in seno al suo popolo - ed è la rivelazione, nessun uomo mai fu come Mosè al quale Dio parlò faccia a faccia, ed Elia, il profeta tipo di tutti i profeti - eppure rispetto a questi stessi è il Cristo, lui, l’unico, l’unico luogo nel quale Dio pone il suo compiacimento: “E’ lui in cui mi sono compiaciuto”. E se si è compiaciuto nel suo popolo è stato per lui, per riflesso rispetto al compiacimento in lui e se ci ha amati ed ha amato tutte le creature - perché nulla avrebbe fatto se non lo avesse amato - le ha amate in lui. In Cristo siamo stati scelti, in Cristo sono state create tutte le cose, nulla è amato se non lui. Questo è (il Tabor)! Che cos’è questa storia rispetto ai millenni di storia (…)? Perché in lui al Padre è piaciuto di ricapitolare tutte le cose, il Sacramento unico ed universale del rapporto di tutte le cose con Dio e “non c’è altro nome dato sotto il cielo agli uomini nel quale debbano essere salvati”, se non questo.

Ecco lo scandalo da accettarsi chiaramente con tutto il cuore - e questo è il frutto del nostro pellegrinaggio - grande e da proclamarsi (questo scandalo) superato nella confessione di fede cristologica limpida: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Solo (qui) e conseguentemente c’è l’illuminazione della nostra speranza, la nostra stessa trasfigurazione ad immagine della trasfigurazione del Cristo, l’unico trasfigurato, lui l’eletto, lui la luce (…), perché la nostra luce è la sua luce che ci avvolge. Lui solo è la sorgente vera della nostra gioia, (…).


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