In memoria di Marcel Beaudry (tpfs*)



Marcel Beaudry
Marcel Beaudry, nel giugno del 1988, dopo una notte passata all'addiaccio sul monte Nebo, durante la colazione.

Ho saputo da poco della morte di Marcel Beaudry, avvenuta più di un anno fa, domenica 25 giugno 2000. Si stava dirigendo a nord di Ramallah per salutare alcuni amici palestinesi, prima di partire per un breve periodo di vacanze in Quebec (Marcel era molto legato al popolo palestinese). Era appena tornato da un viaggio di 18 giorni con i suoi studenti in Giordania ed aveva detto di sentirsi molto stanco. Quasi sicuramente ha avuto un colpo di sonno durante il viaggio. La sua macchina ha sbandato ed è andata a scontrarsi con un pullman di turisti che nulla ha potuto fare per evitare l'urto.
Mi hanno parlato di una poesia autobiografica di Marcel, che è stata letta il giorno del suo funerale. Tutti ignoravano la sua passione per i versi. Mi sembra splendida. Così descrive la sua stessa vita:

TRANSPLANTÉ AU DÉSERT

Entre forêt et rivière
Entre solitude et soif
Etre arbre au désert
Etre arbre au désert, c'est planter mes racines en profondeur, être capable d'aller chercher ce qui me fera vivre.
Etre arbre au désert c'est être capable à travers le roc de trouver la fente par où l'eau s'est infiltrée, le coeur des gens et le foyer de la maison, de trouver, dans la pauvreté du sol, l'humus, la danse dans la fête et la parole dans les dires.
Etre arbre au désert c'est résister au harcèlement de l'eau, des roches et du vent pour m'agripper à la rive, résister à l'ennui, au désespoir, m'accrocher aux gens qui me portent.
Etre arbre au désert c'est laisser mettre à nu et noyer mes racines par le torrent en hiver, les laisser brûler et dessécher par le soleil de l'été, vivre la monotonie des jours et savoir y retirer l'essentiel.
Etre arbre au désert c'est croître seul, sans forêt pour me soutenir dans la tempête, sans racines à qui me nouer pour m'épauler sur la piste chaude.
Etre arbre au désert c'est affronter seul joies et souffrances, sans personne à qui les dire, ne trouver ma force que dans mes racines et dans mes branches, dans mon tronc et dans mes feuilles.
Etre arbre au désert c'est être une ombre au nomade, un réconfort contre le soleil ardent, une douceur dans le labeur du travail, partager ce que j'ai, pour un instant, en sachant bien que rien ne me sera donné en retour.
Etre arbre au désert c'est me sentir dévoré par la chèvre ou l'hyrax, sans pouvoir me défendre.
Etre arbre au désert c'est savoir que l'eau ne se met pas en réserve, pas plus que le pain.
Entre forêt et rivière
Entre solitude et soif
Etre arbre au désert

Marcel è stato professore di Archeologia Biblica di tantissimi studenti che, negli anni, hanno frequentato l'EBAF, l'Ecole Biblique di Gerusalemme (la scuola in cui è nata la famosa “Bibbia di Gerusalemme”) e fra gli altri anche mio professore e degli altri tre italiani Flavio Dalla Vecchia, Tonino Nepi e Luca Mazzinghi che, insieme agli amici che lì abbiamo conosciuto, come Laurence Naggiar e tanti altri, hanno frequentato l'Ecole nel 1987-1988.
Noi quattro italiani arrivammo al secondo semestre, ma, lo stesso, Marcel fece di nuovo, solo per noi, tutti i viaggi di studio nei luoghi archeologici che gli altri studenti avevano già visitato. Non posso dimenticare i 4 giorni nel deserto del Neghev e le prime notti all'addiaccio (Shivta e le altre città nabatee e bizantine abbandonate!). Il viaggio più lungo che guidò per noi fu quello in Giordania a giugno, oramai a poche settimane dal ritorno a Roma. C'erano tutti gli studenti di quell'anno. Per quattro notti dormimmo, grazie a lui, all'interno degli scavi di Petra, nella casa degli archeologi, cosa che ci permise di visitare, con lunghissime camminate che iniziavano al mattino presto e riprendevano all'abbassarsi del sole, luoghi che nessun turista ha la possibilità di vedere, come la parte veterotestamentaria di Petra, Umm al-Biyarah, con la sua porta scavata nella roccia o addirittura la cima del Jebel Haroun, dove la tradizione prima cristiana e poi islamica vuole sia morto Aronne. L'allegria di Flavio e di Tonino, unita a quella degli studenti francesi, rallegrava quei giorni. Alcuni giorni dopo dormimmo una notte sul tetto di una casa di beduini, amici di Marcel, appena sedentarizzati (non si capiva come riuscissero a comprendersi, i beduini e lui, non avendo una lingua in comune), per poter salire al mattino presto a Mukawir, Macheronte. La sera cucinammo per loro spaghetti, con parmigiano inscatolato in Australia ed acquistato in un supermercato di Amman, che nessuno dei beduini volle assaggiare.
Anche per noi è stato un albero nel deserto e ci ha difeso dall'arsura del sole, senza che niente gli fosse reso in cambio.
Che il Signore porti a compimento anche per lui le promesse fatte ai suoi figli.

di Andrea Lonardo


[Torna all'inizio | Approfondimenti]