Con questa breve nota vogliamo inaugurare una serie di chiarificazioni che aiutino a comprendere alcuni brani biblici importanti che, ad una prima lettura, possono apparire difficili o addirittura incomprensibili. Essi, invece, grazie alla luce della grande Tradizione della Chiesa ed a quella degli studi recenti degli esegeti, si svelano nella ricchezza del loro sensi. Le brevi note appariranno con il medesimo titolo - “Brani di difficile interpretazione nella Bibbia” - seguito dal numero ordinale della pubblicazione on-line sul sito (I, II, III, ecc.), poi dai versetti e dal tema del brano in questione.
L'Areopago
Paolo parla della spina nella carne. E' un brano importante per capire l'apostolato di Paolo e
come Paolo realizza la sua vocazione apostolica. E' in polemica con chi non lo considera un vero apostolo. Paolo
dice: Mi costringete a dire delle cose che non vorrei dire! Se volete saper tutto ve lo dico! Io ho avuto 14 anni fa
un contatto con la trascendenza; sono stato al terzo cielo, quasi faccia a faccia con Dio e lì ho avuto delle
esperienze, che non posso poi esprimere con la stessa chiarezza e con la stessa vivezza con cui questa esperienza
l'ho vissuta. E' possibile che delle esperienze profonde avute con Dio non si possano poi esprimere! Certe cose non
le posso ripetere, però la mia predicazione si basa su questo faccia a faccia con Dio, su queste rivelazioni
che ho avuto come dono diretto da Dio. Perché questo essere al terzo cielo non mi desse alla testa,
perché non scambiassi questo dono puro di Dio con qualcosa di mio Dio mi ha mandato un contrappeso. Paolo
parla di un angelo di satana che lo schiaffeggi, di una spina, di un fascio di spine conficcate nella carne - che mi
fanno sentire tutta la mia debolezza.
Che cos'è questa metafora che Paolo usa “la spina nella carne”? Secondo tutti gli esegeti
moderni - e fondatamente - non è una tentazione di sessualità, come ha interpretato S. Agostino e come
a volte viene interpretato, specialmente sulla linea della Vulgata, che traduceva questa espressione: “una
spinosità che punge la carne” (stimulus carnis meae), che fa pensare subito alla sessualità. Nel
testo greco non c'è l'idea di stimolo. Ovviamente delle spine conficcate nella carne si fanno sentire, ma
questo è un fatto che viene dopo; non è la spina stessa. Se la spina sta tranquillamente dove sta non
è uno stimolo, diventa uno stimolo, quando la spina viene conficcata nella carne, quando si fa sentire…
Cos'è questa spinosità nella carne? Da tutto l'insieme risulta che sono le difficoltà che Paolo
trova nel suo apostolato. Difficoltà esterne: persecuzioni, fraintendimenti… e difficoltà
interne, personali. Quasi certamente collegate con uno stato fisico che impediva l'apostolato che pure Dio gli
chiedeva di fare. E quindi probabilmente era o una malattia o una debolezza di tipo fisico. E' quella situazione di
conti che non tornano in questo senso: Paolo si sentiva inviato da Dio a portare il Vangelo, era guidato dallo
Spirito anche nei suoi piani apostolici, faceva dei progetti apostolici e a un certo punto le circostanze esterne e
poi le circostanze sue personali - la sua salute - non gli permettevano di realizzarli. I conti allora non gli
tornavano! E allora reagisce secondo il suo carattere, pregando, pregando e pregando. Si rivolge al Signore e gli
dice: Toglimi questa spina! Cioè: spianami la strada! Vuoi che faccia l'apostolo? Vuoi che annunci il Vangelo?
Dammi la possibilità di annunciare il Vangelo! Non mi mettere questi blocchi sulla strada che tu vuoi che io
percorra.
“Pregai e ad un certo punto mi disse” (non è una visione, ma una presa di coscienza che pian
piano matura in Paolo); la risposta del Signore non è quella di spianargli la strada. Gli rimangono tutte le
sue difficoltà; ma la risposta è questa: Ti basta il mio amore, la mia benevolenza! (più
che la mia grazia). Non è: ti basta quella grazia corroborante che io ti do. Questa è
un'interpretazione che rischia di quantizzare il rapporto: quella grazia che ti do, ti sarà sufficiente! Per
Paolo il problema è più a monte. Gesù ti dice: io ti amo! Basta! Non ti preoccupare di altro!
Quando Paolo riesce a capire questo, si è affidato all'assoluto dell'amore: voglio che tu sia apostolo! Ci
sono queste difficoltà che ti impediscono di realizzare quei piani che io stesso ti ho fatto venire in mente!
Va bene! C'è anche questo qua, come fare? Pensa a me, pensa al mio amore: l'assoluto è nel mio amore!
Il mio amore che si manifesta nel mistero della morte e della risurrezione, nel mistero della debolezza e della forza
di Dio. Una volta che Paolo riesce a capire questo… Ti basta di essere amato da me! Ti basta questo
coinvolgimento nella debolezza e nella forza del mistero pasquale! Siamo insieme! Più debolezze ci sono e
meglio è; non perché le debolezze siano simpatiche, ma perché Paolo vede nelle debolezze,
malattie, difficoltà, quella partecipazione alla debolezza di Dio della crocifissione. E poi attraverso questo
sa che connessa con questa c'è la risurrezione. Paolo ci dice: di fronte a qualunque difficoltà, la
risposta che lui ritiene persuasiva nel suo apostolato è questo affidamento totale del suo apostolato a un
Cristo, non solo che provvede, ma che ama e la sua provvidenza è frutto di quest'amore che per Paolo è
un qualcosa di assoluto. Allora, quando Paolo si sente davvero così amato da Cristo, sa di essere accanto a
lui, di essere nello stesso giro di Cristo, di poter completare nella sua carne quello che manca alla passione di
Cristo, come dirà poi nella lettera ai Colossesi. Questo è un punto importante per capire la vocazione
di Paolo, per capire la nostra vocazione, per capire ogni vocazione cristiana. Nella nostra vocazione Dio ci dice di
farci tutto a tutti. Dobbiamo fare anche i nostri progetti; però il vero realizzatore del nostro apostolato,
il vero attualizzatore di noi come dono agli altri nell'apostolato è sempre lui; è un segreto del suo
amore verso di noi e verso gli altri. Allora Dio ci dice: lasciatemi fare! Fidatevi pienamente del mio amore! Fate
tutto quello che potete, ma guardate a me, fidatevi pienamente del mio amore e io farò. Quando Paolo riesce a
capire questo - c'ha messo del tempo! Pregai il Signore tre volte! Vuol dire: pregai il Signore a lungo, con
intensità crescente, con tutte le mie forze - alla fine acquista luce.
(Dalla relazione “Dalla vocazione alla giustificazione” di P. Ugo Vanni tenuta al settore Sud della Diocesi di Roma il 20 febbraio 2003. Il testo non è stato rivisto dall'autore)
Il “circolo giovanneo” e il cammino della chiesa
verso la Gerusalemme celeste
Per conoscere l´Apostolo Paolo
Una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi (Ap 12,1-6)
La catechesi e il catechista nell’esperienza ecclesiale del Nuovo
Testamento
Per altri articoli e studi sulle lettere di S.Paolo presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici