Brani di difficile interpretazione della Bibbia, V
Gen 4, 4-5 Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. (tpfs*)
di d.Andrea Lonardo


L'elemento decisivo, per una comprensione di questo versetto, è dato dall'interpretazione dell'espressione: “Il Signore gradì il sacrificio”.
Nella mentalità del Vicino Oriente Antico un sacrificio era offerto per la riuscita del proprio lavoro. Quale che fosse il lavoro dell'offerente – non ha qui alcuna importanza l'essere agricoltore o allevatore, stabile e sedentario o nomade o semi-nomade – ogni uomo offriva a Dio il suo sacrificio, perché Dio benedicesse il proprio lavoro, attraverso il frutto ed il guadagno di esso. Ogni gesto significativo della vita era accompagnato dall'offerta al Signore, dal sacrificio, perché egli benedicesse la vita umana.
Dire, perciò, che Dio gradì un'offerta e non un'altra, equivale a dire che il lavoro di Abele fu prospero ed il lavoro di Caino fu fallimentare, non ebbe il guadagno sperato. Il testo di Genesi ci pone così dinanzi al mistero della diversità delle sorti. Perché un uomo trova lavoro ed un altro lo perde, perché un investimento frutta ed un altro conduce al fallimento, perché un uomo ha salute, fecondità, fedeltà ed un altro si trova nella malattia, nella sterilità o nel tradimento?
Rispondere assertivamente, come ben sappiamo, è compito fra i più ardui, anzi impossibili all'uomo, in questa vicenda terrena. “Piacque a Dio” dice la Sacra Scrittura, indicando qualcosa chiaro ai suoi occhi, ma non del tutto ai nostri, affermando la libera scelta di Dio, poiché Dio scelse Abramo e non altri, Isacco e non Ismaele, Giacobbe e non Esaù – e potremmo continuare all'infinito. Ciò non toglie che la rivelazione santa ci dia la certezza che alcune risposte sono sicuramente da escludere. E' certamente contrario alla rivelazione biblica affermare che il successo o l'insuccesso siano imputabili al peccato del singolo uomo ed all'insufficienza della propria offerta – proprio la crocifissione dell'“unico giusto”, il Cristo, ci mostra come non sia percorribile l'identificazione fra successo terreno e santità.
Ecco allora il grande dramma di Caino e Abele: cosa avviene fra due fratelli, quando, pur non essendoci alcuna peccaminosità previa maggiore dell'uno rispetto all'altro, uno sta bene e l'altro va in rovina?
Fin qui, nel testo non c'è ancora alcun peccato commesso. Caino non è ancora moralmente peggiore di Abele; usando il linguaggio corrente, potremmo dire che, fin qui, il primo è nella sfortuna, mentre il fratello è nella buona sorte.
Ed ecco l'avvertimento biblico!

Forse che se non ti va bene, sollevamento
E se non va bene, la colpa è in agguato alla porta (Gen 4, 6-7).

Questa ci appare essere la corretta traduzione del Testo Masoretico, testo che è crux interpretum, testo discusso e variamente interpretato nei diversi studi esegetici, ma in realtà chiaro alla luce di quanto già affermato. Il testo ebraico osserva, con verità, che se ad uno tutto va bene, facilmente andrà in giro a testa alta, avrà un animo sollevato; se, invece, la sua vita, i suoi affari, non prospereranno, ecco – qui appare la possibilità del peccato! – che la possibilità di invidiare l'altro e di fargli il male è in agguato.
Proprio l'esperienza della vita ci fa vedere la verità dell'affermazione biblica. Il nostro insuccesso può destare in noi l'insofferenza verso chi è nel bene, nella pace, nella gioia.
Un espressione di un giovane, in una preghiera dei fedeli, chiedeva al Signore di far coesistere chi è felice e chi è nel dolore, nella stessa amicizia, nella stessa frequentazione, perché – diceva – “troppo spesso chi soffre non ha voglia di ascoltare un altro che gli parla della propria felicità, e chi è felice ha difficoltà a dire la sua gioia ad uno che è nella tristezza e nel lutto, sia per paura di ferirlo, sia perché la semplice presenza delle lacrime dell'altro può avvertirle come un insidia, come una memoria del passare della gloria di questo mondo”.
Caino ha difficoltà a convivere con la gioia del fratello, poiché lui è nella sconfitta e nel fallimento.
Il Signore avverte: “Tu dominalo”, tu non lasciarti vincere dalla tentazione di invidiare la gioia del tuo fratello, sebbene essa ti faccia ancor più ricordare la tua attuale situazione di incompiutezza.
Caino invece pecca ed uccide Abele [1] – è in questo momento che entra nel peccato, dando seguito alla semplice tentazione, che non è ancora peccato, secondo la salda dottrina ecclesiale. La presenza radiosa del fratello è insopportabile per lui. Solo la scomparsa della gioia di Abele, smetterà di ossessionarlo nella constatazione della propria difficoltà.
Ed è forse proprio la vicinanza – chi c'è di più prossimo di un fratello? – ad esacerbare ancora di più l'animo di Caino.
Il testo di Gen 4 ci invita così a partecipare non solo al dramma di Abele, ma anche a quello di Caino, ma soprattutto, diviene profezia di un futuro appena intravisto, ma che diventerà reale alla venuta del Cristo quando, per la grazia, sarà possibile vivere la Sua parola, come fratelli riconciliati:

Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto (Rom 12, 15).

La gioia di uno non sarà più tentazione a peccare, ma condivisione piena, fino alla comunione perfetta del Paradiso.
Questo il testo integrale della tragedia di Caino e Abele, secondo la traduzione della CEI:

1 Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». 2 Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
3 Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4 anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5 ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. 6 Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7 Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo». 8 Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. 9 Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11 Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». 13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. 16 Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.


Per altri articoli e studi di d.Andrea Lonardo o sul libro della Genesi presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici


Note

[Nota 1] Il testo ebraico gioca esplicitamente – “Ho acquistato un uomo dal Signore”, Gen 4, 1 - sull'assonanza “Qajin” (Caino) e “qanah” (ho acquistato). Non viene indicata alcuna assonanza per il nome “Hebel” (Abele), ma, al lettore antico, non poteva sfuggire che “hebel” vuol dire “soffio”, “vento”. Abele porta questo nome che indica la sua morte repentina; egli passerà su questa terra come un soffio. La stessa espressione è utilizzata in Qo 1, 1: “Hebel habalim”, “vanità delle vanità”, “vanità per eccellenza”. Tutto è soffio, cosa inconsistente, non perché non abbia valore, ma perché ogni cosa, in sé bella e consistente, non riesce ad essere afferrata, trattenuta dall'essere umano. Per quanto l'uomo si affanni si accorge che, tirando le somme, non riesce a conservare nulla (se non il timore di Dio e l'osservanza dei comandamenti)!


[Approfondimenti]