“Gesù rispose al sommo sacerdote: ‘Io ho parlato al
mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si
riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga
quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto’
(Gv18,20-21)”.
La Chiesa sa che l’insegnamento del Signore è sempre stato pubblico,
perché destinato alla salvezza di tutti gli uomini. Mai egli ha fatto preferenza di
persona, perché l’amore del Padre fosse fatto conoscere agli uomini.
L’espressione “apocrifi”, “nascosti”, è divenuta
abituale, dopo Origene, per indicare quei testi che i gruppi gnostici o comunque settari
dicevano di aver ricevuto nascostamente da qualcuno degli apostoli per avvalorare le loro
dottrine e trovar loro un fondamento che non avrebbero potuto mostrare altrimenti.
Vangeli “nascosti”, quindi, non dalla Chiesa – che, fra l’altro, in
quei tempi era perseguitata e niente avrebbe potuto fare, anche se lo avesse voluto, per non
far circolare alcuni libri – ma da coloro che ne erano gli stessi autori. Erano questi
gruppi settari a riservare questi testi ai propri iniziati.
E’ straordinario vedere come la conoscenza che la Chiesa antica aveva di Cristo le ha
permesso, senza che fossero allora a disposizione le conoscenze filologiche e storiche odierne,
di conservare con esattezza i quattro testimoni più antichi, gli unici del I secolo,
cioè i vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni, e di non accogliere come testi
fedeli della storia di Gesù tutti gli altri che erano stati scritti nei secoli
successivi.
“La Chiesa con la sua fede nel Signore vive e professa la forte convinzione che
attraverso i vangeli si raggiunge Gesù di Nazareth, la sua vita e il suo messaggio.
Questa convinzione è tale da permettere alla Chiesa di prendere posizione nei confronti
degli apocrifi” (Apocrifi, di R.Latourelle, in R.Latourelle-R.Fisichella, Dizionario
di teologia fondamentale, Cittadella Editrice, Assisi, 1990, p.56).
L’odierna pubblicazione del cosiddetto “Vangelo di Giuda” –
chiaramente non scritto da Giuda, che si era suicidato a motivo del tradimento del Signore, ma
opera la cui datazione si situa nel II secolo, comunque prima del 180 – nulla aggiunge
alla conoscenza della vicenda del Gesù storico. Permette,invece, di conoscere come la
storia di Gesù fosse oggetto di successive interpretazioni gnostiche che tendevano ad
ignorare la serietà del problema del male, così come si presenta nella
vicenda evangelica, per proporre invece una visione dualista tendente a vedere il male nella
realtà corporea ed il bene nell’anima e nello spirito dell’uomo in attesa
della liberazione dalla materia.
Indicativo in tal senso è il versetto di questo testo apocrifo che recita: “Tu
(Giuda) superi tutti gli altri, perché sacrificherai l'uomo che mi riveste”.
L’esistenza del cosiddetto “Vangelo di Giuda” era già nota – i
Padri della Chiesa ne parlano – ma il testo non ci era fin qui pervenuto.
Presentiamo on-line una nostra traduzione della seconda parte del vangelo
apocrifo di Giuda, quella dedicata alla cosmologia.
Non è facile orientarsi nel discorso esoterico presentatoci
dall’autore. Forniamo solo alcune indicazioni per agevolarne la comprensione. Nella
prima parte, da noi non tradotta, Gesù afferma di provenire dal regno di Barbelo
(proviene, cioè, dal “divino”; Barbelo può forse derivare da una
interpretazione del nome divino dell’Antico Testamento, come “Dio... in quattro
(b-) (arb(a))”[1], riferita al tetragramma, alle quattro
lettere YHWH). Barbelo sembra comunque distinto da un’altra entità divina che
viene detta Padre o Spirito o Grande Spirito.
Gesù viene chiamato con l’appellativo di Autogenes, cioè
Autogenerato. Questo termine “sottolinea l’indipendenza del Figlio; questi,
come Autogenes, dà inizio a se stesso... egli semplicemente emerge dalla nube
celeste”[2]. Quattro
luminari, quattro esseri celesti, da lui chiamati all’essere, lo servono.
Come in molti altri testi gnostici, pur nelle infinite varianti dei nomi e delle
emanazioni, siamo davanti a ciò che potremmo definire un “divino
ineffabile”, che, però, si manifesta attraverso una serie di entità
intermedie (dette luminari, eoni, angeli, ecc. ecc.) difficilmente identificabili
chiaramente.
Il mondo materiale non è opera di questa divinità indistinta eppure ben
distinta in innumerevoli emanazioni, ma del creatore del mondo che gli si contrappone. Esso
“in realtà è un demiurgo megalomane, ma gli esseri umani sono superiori
al creatore e ai suoi poteri grazie alla scintilla della divinità che alberga in
essi”[3].
“Il creatore è il responsabile dell’imprigionamento della luce
divina.. dentro corpi mortali”[4]. E’ chiamato, nel Vangelo di Giuda,
Yaldabaoth – che potrebbe significare “figlio del caos”, o anche Nebro.
Ha, a sua volta, un aiutante che porta il nome di Saklas, che potrebbe significare
“stolto”. Yaldabaoth viene definito dal testo stesso “sozzo di sangue a
vedersi”.
Il demiurgo crea l’uomo, l’Adamo terrestre, guardando Adamas, l’Adamo
celeste, diverso dall’Adamo terrestre.
Seth, terzo figli di Adamo ed Eva, è “di un altro seme” rispetto a
Caino ed Abele, è di un seme divino ed immortale. Gesù è detto anche Seth,
è lo Straniero incarnato. Insomma tutta una mitologia si costruisce intorno alla
figura di Seth, fino al punto che si afferma che tutte le persone hanno un’anima, ma
solo gli appartenenti alla generazione di Seth hanno un’anima immortale.
Gli gnostici (in greco “gnostikoi”, “coloro che sanno”)
appartengono alla generazione di Seth e Giuda è uno di essi. Facendo sì che
Gesù sia ucciso permette la liberazione dell’anima di Gesù dalla prigione
del corpo.
Nella traduzione che vi presentiamo per mostrare il tenore del Vangelo di Giuda, abbiamo
ripreso i titoli dei differenti capitoli dall’edizione inglese del vangelo di Giuda
curata dalla National Geographic Society, R.Kasser, M.Meyer, G.Wurst (a cura di), Il vangelo
di Giuda, National Geographic-White Star, Vercelli, 2006. Questi titoli non sono pertanto
presenti nel testo copto del vangelo apocrifo stesso.
Centro culturale Gli scritti (31.05.2006)
Gesù disse, “[Vieni], perchè io possa insegnarti i
[segreti] che nessuna persona [ha] mai visto. Perchè esiste un reame grande e
sconfinato, e nessuna generazione di angeli ha mai visto quanto sia enorme, [nella quale]
c’è [un] grande invisibile [Spirito],
che nessun occhio di angelo ha mai visto,
nessun pensiero del cuore ha mai compreso,
e non è mai stato chiamato per alcun nome.
“E lì apparve una nuvola luminosa. Egli disse: ’Fa che un angelo prenda
forma come mio aiutante’.
“Un grande angelo, l’Auto-generato illuminato e divino, emerse dalla nuvola.
A causa sua, quattro altri angeli presero forma da un’altra nuvola, e divennero gli
aiutanti dell’Auto-generato angelico. L’Auto-generato disse, [48] ‘Lascia che
[…] prenda forma […]’, e questi prese forma […]. Ed egli
[creò] il primo luminare che regnò su di lui. Egli disse, ‘Lascia che
angeli prendano forma per servire [lui],’ e una miriade innumerevole di angeli prese
forma. Egli disse, ‘[Lascia] che un eone luminoso prenda forma’ ed egli prese
forma. Egli creò il secondo luminare [per] regnare su di lui, insieme a una miriade
innumerevole di angeli per offrire il loro servizio. In questo modo egli creò il resto
degli eoni luminosi. Egli fece in modo che loro regnassero su di loro, e creò per loro
miriadi innumerevoli angeli per assisterlo.
“Adamas era la prima nuvola luminosa che nessun angelo abbia mai visto
tra quelli chiamati ‘Dio’. Egli [49] […] che […] l’immagine
[…] e a somiglianza di [questo] angelo.
Egli fece comparire la [generazione] incorruttibile di Seth […] i dodici
[…] i ventiquattro […]. Egli fece comparire settantadue luminari nella
generazione incorruttibile, secondo la volontà dello Spirito. I settantadue
luminari a loro volta fecero apparire trecentosessanta luminari nella generazione
incorruttibile, secondo la volontà dello Spirito, in modo tale che contassero cinque
per ciascuno di loro.
“I dodici eoni dei dodici luminari costituiscono il loro padre, con sei cieli per
ciascun eone, in modo tale che ci sono settantadue cieli per i settantadue luminari, e per ogni
[50] [di questi cinque] firmamenti, [per un totale di] trecentosessanta [firmamenti…].
A loro venne conferita l’autorità e una [grande] schiera di angeli [innumerevoli]
per potere dare gloria e adorazione [e dopo di ciò anche] spiriti vergini, per
glorificare ed adorare tutti gli eoni ed i cieli e i loro firmamenti.
“La moltitudine di quegli immortali viene chiamato il cosmo – ossia la perdizione - dal Padre e dai settantadue luminari che sono insieme all’Auto-generato ed i suoi settantadue eoni. Il primo essere umano è comparso in lui con i suoi poteri incorruttibili. E l’eone comparso con la sua generazione, l’eone entro il quale ci sono la nuvola della conoscenza e l’angelo, si chiama [51] El. […] eone […] dopo questo […] disse, ‘Lascia che dodici angeli prendano forma [per] governare sul chaos e sul [mondo degli inferi]’. E guarda, dalla nuvola comparve un [angelo], il cui viso mandava lampi di fuoco e con un aspetto contaminato dal sangue. Egli si chiamava Nebro, che significa ‘ribelle’; altri lo chiamano Yaldabaoth. Anche un altro angelo, Saklas, venne fuori dalla nuvola. Nebro quindi creò sei angeli—oltre a Saklas— perchè fossero aiutanti, e questi produssero dodici angeli nei cieli, ciascuno dei quali ricevette una porzione di cielo.
I dodici regnanti parlarono con i dodici angeli: ‘Lascia che ciascuno
di voi [52] e lascia che essi […] generazione [—una riga non esiste
più—] angeli’:
Il primo è [S]eth, che viene chiamato Cristo.
Il [secondo] è Harmathoth, il quale è […].
Il [terzo] e Galila.
Il quarto è Yobel.
Il quinto [è] Adonaios.
Questi sono i cinque che regnarono sul mondo degli inferi, e innanzitutto sul chaos.
Allora Saklas disse ai suoi angeli, ‘Creiamo un essere umano a
somiglianza ed immagine’. Essi formarono Adamo e sua moglie Eva, che dentro la nuvola
viene chiamata Zoe. Perchè tramite questo nome tutte le generazioni cercano
l’uomo, e ogni generazione si riferisce alla donna con questi nomi. Allora, Sakla non
[53] com[andò …] tranne […] le gene[razioni…] questo […].
E il [regnante] disse ad Adamo, ‘Vivrai a lungo, insieme ai tuoi figli’.
Giuda chiese a Gesù, “[Quale] è la lunga durata di tempo
che l’essere umano vivrà?”
Gesù disse, “Perchè ti poni domande su questo, che Adamo, insieme alla sua
generazione, ha trascorso l’arco di tempo della sua vita nel luogo dove gli è
stato dato il suo regno, con la longevità per sovrano?”
Giuda disse a Gesù, “Lo spirito umano muore?”
Gesù disse, “Questo è il motivo per cui Dio ordinò a Michele di
dare gli spiriti delle persone a loro in prestito, perchè potessero offrire servizio, ma
il Grande ordinò a Gabriele di concedere spiriti alla grande generazione senza qualcuno
che governasse su questo – ossia, lo spirito e l’anima. Quindi, il [resto] delle
anime [54] [—manca una riga—].
“[…] la luce [—mancano quasi due righe—] intorno
[…] permettere […] spirito [che è] dentro di te dimorare in questa [carne]
tra le generazioni degli angeli. Ma Dio fece in modo che la conoscenza fosse [donate] ad Adamo
e a coloro che stavano con lui, in modo tale che i re del chaos e del mondo degli inferi non
potessero regnare su di loro”.
Giuda disse a Gesù, “Cosa faranno allora quelle generazioni?”
Gesù disse, “In verità ti dico, per tutti loro le stelle porteranno le
faccende a compimento.
Quando Saklas completa l’arco di tempo a lui assegnato, la loro prima stella
comparirà con le generazioni, e porteranno a termine ciò che avevano detto di
fare. Allora fornicheranno a nome mio e uccideranno i loro figli [55] e faranno […] e
[—mancano circa sei righe e mezzo—] nome mio, e lui farà […] la tua
stella oltre il [tre]dicesimo eone”.
Dopo questo Gesù [rise].
[Giuda disse], “Maestro, [perchè ridi di noi]?”
[Gesù] rispose [dicendo], “Non rido [di voi] ma degli errori delle stelle,
perchè queste cinque stelle vagano in compagnia di questi cinque combattenti, e saranno
tutti distrutti insieme alle loro creature”.
Giuda disse a Gesù, “Guarda, cosa faranno coloro che sono stati
battezzati a nome tuo?”
Gesù disse, “In verità [ti dico], questo battesimo [56] […] mio
nome [—mancano circa nove righe—] a me. In verità [io] ti dico, Giuda,
[coloro che] offrono sacrifici a Saklas […]
Dio [—mancano tre righe—] tutto ciò che è malvagio.
“Ma tu supererai tutti loro. Perchè tu sacrificherai l’uomo che mi
veste.
Già il tuo corno è alzato,
La tua rabbia si è accesa,
La tua stella ha molto brillato,
e il tuo cuore ha […]. [57]
“In verità […] il tuo ultimo […] è diventato [—qui
mancano circa due righe e mezzo —], piangere [—mancano circa due righe —] il
regnante, perchè egli verrà distrutto. E allora l’immagine della grande
generazione di Adamo verrà esaltato, perchè prima del cielo, della terra e degli
angeli, esiste quella generazione, che proviene dai reami eterni. Guarda, tutto ti è
stato rivelato. Alza il tuo sguardo e guarda la nuvola e la luce al suo interno e le stelle che
la circondano. La stella che guida è la tua stella.”
Giuda alzò lo sguardo e vide la nuvola luminosa, e vi entrò dentro. Coloro che
stavano sulla terra udirono una voce che proveniva dalla nuvola, e diceva, [58] […]
grande generazione […] … immagine […] [—mancano circa cinque
righe—].
[…] I loro sommi sacerdoti mormoravano perchè [egli] era
andato nella stanza degli ospiti per pregare. Ma alcuni scribi erano presenti ed osservavano
attentamente per poterlo arrestare durante le preghiere, perchè avevano paura della
gente, che lo considerava un profeta. Essi si avvicinarono a Giuda dicendogli : “Cosa ci
fai qui? Tu sei un discepolo di Gesù”.
Giuda rispose loro come essi desideravano. E ricevette del denaro e consegnò
(Gesù) a loro.
L’edizione e la traduzione del cosiddetto “Vangelo apocrifo di
Giuda” sono state guidate da Rodolphe Kasser, coptologo di fama internazionale,
dal 1976 membro del Comitato dell’Associazione Internazionale per gli Studi Copti (e dal
2000 Presidente onorario dello stesso). Kasser, cristiano protestante, ha studiato Teologia
protestante, prima di dedicarsi agli studi copti, per esercitare poi il ministero di pastore
nella Chiesa liberale svizzera. Suo diretto collaboratore è stato il prof. Gregor Wurst,
professore di Storia ecclesiastica della Facoltà di Teologia Cattolica
dell’Università di Augsburg, in Germania.
Il Codice, che comprende oltre l’Apocrifo di Giuda anche la I Apocalissi di Giacomo, la
Lettera di Pietro a Filippo e frammenti di un testo fin qui non conosciuto dalle fonti che
è stato denominato “Libro di Allogene”, è stato ritrovato negli
anni settanta nei pressi di El Minya, in Egitto, dove il clima secco ne ha permesso la
conservazione nei secoli. E’ stato venduto nel 1978 ad un antiquario egiziano che,
non trovando un acquirente, lo ha depositato dal 1984 all’aprile 2000 in una cassetta di
sicurezza di una banca di New York, dove l’antico Codice ha cominciato a deteriorarsi.
Nel 2000 lo ha acquistato l’antiquaria Frieda Nussberger-Tcachos, figlia di Dimaratos
Tcachos (da qui il nome di Codice Tcachos che gli è stato attribuito).
Nel febbraio 2001 la Fondazione Maecenas per le Arti Antiche di Basilea, il Waitt Institute
for Historical Discovery e la National Geographic Society decisero di affidare
all’équipe guidata dal prof. Kasser il Codice per il suo studio e la sua
pubblicazione.
Dall’analisi al radiocarbonio il Codice risulta essere scritto fra il 220 ed il 340
d.C. La lingua è il copto, cioè l’egiziano del periodo ellenistico (la
parola Egyptos deriva linguisticamente appunto da Coptos). Il testo era già
conosciuto e studiato da Ireneo di Lione, uno dei Padri della Chiesa, che lo cita in uno
scritto che è datato al 180 d.C., ma, finora non ne possedevamo il testo.
Poiché il testo presuppone i tre vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca ed il
vangelo di Giovanni, la sua composizione originaria, in greco, può essere situata fra
il 120 ed il 180 d.C., essendo il 180 il terminus ante quem.
Il testo manifesta chiaramente una rilettura gnostica, ostile alla materia, dei vangeli
canonici. Poiché è una traduzione in copto dell’originale greco che noi non
possediamo, può essere ritenuto un testimone del tentativo di penetrazione di gruppi
gnostici dalle città nelle campagne dell’Egitto di allora.
L’intervista è apparsa su La stampa del 07.04.2006. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza on-line sul nostro sito di questo articolo non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.
Centro culturale Gli scritti
Professor Wurst, chi ha scritto queste pagine e quando?
«Sulla data siamo abbastanza sicuri, tanto per le analisi scientifiche relative
all'età del papiro, quanto per la ricostruzione storica. Il Vangelo di Giuda originale,
cioè quello in greco, è stato scritto fra il 100 e il 180 d.C. Invece la versione
in copto risale al III o IV secolo. La prima data limite dell'anno 100 nasce dal fatto che le
sue pagine citano i Vangeli canonici, e quindi sono state scritte dopo la loro pubblicazione.
La seconda la deduciamo perché il Vangelo di Giuda è citato da Sant'Ireneo, il
vescovo di Lione e principale autore del canone neotestamentario, che visse nel II secolo.
Dunque in quell'epoca esisteva già ed era noto. L'autore probabilmente era uno gnostico
greco, di quelli che consideravano il creato come una prigione maligna, dalla quale l'uomo
liberava la propria spiritualità benigna solo attraverso la morte».
Cosa dice il testo?
«Presenta un controritratto di Giuda. Lui è l'unico discepolo a conoscere la vera
identità di Gesù, che gli ha rivelato tutti i misteri del Cielo, della Terra e
della creazione. Cristo gli predice che avrà un ruolo chiave nella salvezza del mondo.
Non gli chiede di tradirlo, ma di sacrificare l'uomo, cioè liberarlo dal corpo che lo
imprigiona. Giuda, in sostanza, non è un traditore malvagio, ma lo strumento attraverso
cui si realizza la volontà di Gesù».
Quali sono i passaggi più suggestivi?
«Ce n'è uno in cui Gesù dice a Giuda: "Allontanati dagli altri (discepoli)
e ti rivelerò il mistero del Regno. È possibile per te arrivarci, ma soffrirai".
E poi ancora: "Tu superi tutti gli altri, perché sacrificherai l'uomo che mi
contiene».
C'è qualche novità sulla morte di Giuda?
«No, il testo finisce con la consegna di Gesù».
Perché lo avete chiamato «Vangelo di Giuda», se non è stato
scritto da qualcuno che aveva una conoscenza storica del discepolo?
«Perché così è stato sempre definito, anche da Ireneo. All'epoca
c'erano molti "vangeli" apocrifi, che venivano accusati di eresia. Questo filone gnostico, ad
esempio, contestava la tradizione giudaico-cristiana di un Dio onnipotente e benevolo che ha
creato il mondo a fini positivi».
I teologi cattolici sostengono il «Vangelo di Giuda» non avrà un grande
impatto, perché non è un documento storico sul rapporto fra Gesù e il
discepolo, ma solo il punto di vista di una setta. Lei cosa risponde?
«Sono della stessa opinione. Si tratta dello scritto apocrifo di uno gnostico. Il solo
fatto che citi i Vangeli canonici dimostra che dal punto di vista storico la fonte originale e
privilegiata delle notizie restano Matteo, Marco, Luca e Giovanni».
“Si sta facendo passare l’idea che i quattro scritti canonici furono scelti dalla Chiesa tra decine di vite di Gesù disponibili. E invece Luca & C. sono i testi più antichi e fedeli alle fonti. Gli altri non hanno la stessa età, anzi li copiano con molta fantasia”. Riprendiamo, per il progetto Portaparola, l’articolo che il prof.Giulio Michelini, docente di Nuovo Testamento all’Istituto Teologico di Assisi ha scritto per Avvenire il mercoledì 3 maggio 2006.
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I vangeli apocrifi sono tornati prepotentemente alla ribalta dopo che il
circuito massmediale ha all'improvviso «scoperto» il cosiddetto Vangelo di Giuda.
Non si vuole qui entrare di peso nella questione del personaggio Giuda e dello scritto a lui
attribuito.
Può invece interessare un punto specifico, che troviamo nel famoso articolo che il
National Geographic ha dedicato alla «sensazionale» scoperta. In un box di pagina
13 (dell'edizione italiana), dal titolo «Le altre facce del Cristianesimo», si
dice: «Dopo la morte di Gesù, circolarono fra i primi cristiani i racconti della
sua vita e dei suoi insegnamenti. Ne furono scritte decine di versioni, ma per il Nuovo
Testamento i padri della Chiesa ne scelsero quattro. Nel '900 molti testi scartati sono stati
riscoperti. Alcuni, come quello di Pietro, sono simili ai quattro prescelti. Altri, come il
Vangelo di Giuda, sono diversi, dando rilevanza alla gnosi, la conoscenza diretta di Dio
tramite la coscienza della scintilla divina interiore».
A parte la generale approssimazione di tutto l'enunciato, è l'idea sottesa secondo
cui i quattro vangeli canonici sarebbero stati scelti tra le «decine di versioni»
sulla vita di Gesù circolanti nei primi tempi cristiani, a suonarci alquanto azzardata,
oltre che estremamente imprecisa. Soprattutto perché da una simile formulazione parrebbe
che i vangeli apocrifi, tra cui quello di Giuda, siano coevi a quelli ritenuti canonici. E la
differenza starebbe solo nel fatto della «scelta» compiuta da parte di qualcuno in
una stagione successiva (di cui tuttavia non si danno i termini temporali esatti). Ma
questo non è assolutamente vero.
Da studiosi incontestabili per serietà, è stato dimostrato che i vangeli
canonici sono in realtà più antichi - di decenni o addirittura di secoli -
rispetto agli apocrifi, compreso l'apocrifo di Pietro. È vero, negli ultimi anni
taluni hanno creduto di poter riscontrare in certi testi apocrifi tradizioni della stessa
antichità, o addirittura precedenti rispetto a quelle conservate nei quattro vangeli
canonici (mi riferisco in particolare alle ricerche dell'americano J.D.Crossan); ma tali
ipotesi sono state puntualmente smentite dalla più parte degli studiosi.
E invece si può facilmente dimostrare che tutti gli apocrifi sono posteriori ai
nostri attuali quattro vangeli, altro non essendo che ampliamenti o rifacimenti degli scritti
canonici, da cui partono, e la cui precedenza presuppongono. Non è infatti per nulla
indifferente, agli occhi dello storico, che i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni
conservino una maggiore vicinanza temporale - e dunque fedeltà - rispetto agli
avvenimenti narrati: proprio per questo - oltre che per altri motivi su cui non ci soffermiamo
- sono stati considerati documenti degni di fede.
L'argomento può essere approfondito leggendo l'ampia discussione che è riportata
nel volume di John P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico (vol. 1,
Queriniana 2002), dove a conclusione dell'analisi degli apocrifi viene detto: «I
quattro vangeli canonici risultano essere gli unici ampi documenti contenenti significativi
blocchi di materiale rilevante per una ricerca sul Gesù storico».
In altre parole, tutto quanto troviamo nei vangeli apocrifi «è piuttosto la
reazione a scritti del Nuovo Testamento o la loro rielaborazione da parte di […]
cristiani fantasiosi che rispecchiavano la pietà e le leggende popolari e da parte di
cristiani gnostici che sviluppavano un sistema mistico speculativo».
Stupisce, in ogni caso, che un articolo del National Geographic, sul quale la rivista ha
così investito da allestire addirittura la copertina di quel numero, sia stato scritto
da un giornalista che non ha alcuna dimestichezza con questi temi, come si evince dal suo pur
interessante curriculum. Ma le imprecisioni abbondano. Ad esempio, il vaticanista Benny Lai
afferma - a pagina 20 - che «nessuno dei pontefici del nostro tempo, per limitarci a
quelli che si sono succeduti nell'ultimo mezzo secolo, ha mai avuto occasione di parlare in
pubblico dei vangeli, degli atti, delle epistole, o delle apocalissi definiti apocrifi».
Non è vero: basta consultare il sito internet della Santa Sede, cercare col motore di
ricerca la parola «apocrifi», e controllare.
E ancora: il professore della Gregoriana di cui si parla alla pagina 23 non è Peynet, ma
Roland Meynet, che insegna esegesi del Nuovo Testamento. E altro ci sarebbe ancora da dire. Il
National Geographic è senza dubbio una bellissima rivista. Tuttavia la preferiamo
quando, con maggiore serietà di documentazione, tratta di geografia, etnologia,
esplorazioni. Lasci stare argomenti per lei troppo complicati, come quelli dei papiri e dei
testi apocrifi.
La mostra è interamente disponibile on-line sul nostro sito. Le schede sono state riviste per questa nuova pubblicazione.
L’Areopago
Gli apocrifi
Oltre alla letteratura apocrifa dell’Antico Testamento, composta a partire dal II sec.
a.C., numerosi furono gli apocrifi del Nuovo Testamento tra il II e il III sec. d.C. e poi
oltre, fino al VI e VII secolo d.C.
Essi vengono classificati, in primo luogo, secondo il loro genere letterario, con la stessa
distinzione dei testi canonici, in vangeli, atti di apostoli, epistole, apocalissi. La
parola “apocrifi” (dal greco “apokryphos”, “nascosto”)
ha, all'origine, lo stesso significato di “esoterico”, ma successivamente viene ad
indicare tutti i testi non accolti nel Canone.
Ad un secondo livello, quello di un'analisi contenutistica, gli apocrifi vengono invece
suddivisi dagli studiosi in due gruppi fondamentali:
Vediamo più da vicino questi due gruppi.
Il motivo che spinse eretici, soprattutto gnostici, a comporre scritti
esemplati sul Nuovo Testamento fu di assicurare credito ed autorità alla loro
dottrina. Si consideravano, infatti, superiori ai cristiani comuni in quanto si
dichiaravano depositari di una tradizione segreta, completamento o sostituzione di quella
canonica, fatta risalire a Cristo stesso che ne avrebbe trasmesso il contenuto solo all'uno o
all'altro dei suoi discepoli, come leggiamo, ad esempio, nel Vangelo copto di Tommaso:
Sono queste le parole segrete che Gesù, il vivente, ha proferito e Didimo Giuda
Tommaso ha messo per iscritto ed ha detto: Chi troverà la spiegazione di queste parole,
non gusterà la morte.
Gesù disse: Vi eleggerò uno tra mille e due tra diecimila e si leveranno come
un solo individuo.
In questi vangeli, il Cristo spiega “i più profondi misteri” con parole
rivelatrici di “gnosi” - cioè di “conoscenza”. Essa, a dire
di questi testi, renderebbe padroni delle proprie forze spirituali, conducendo alla vita
eterna, come dice ancora il Vangelo copto di Tommaso:
Gesù ha detto: I cieli si ritireranno e così la terra davanti a voi e il
vivente per mezzo del Vivente non vedrà morte né timore, che Gesù dice: il
mondo non è degno di chi troverà se stesso.
Il materiale di questi vangeli apocrifi ha tre fonti distinte:
a) Innanzitutto ed in massima parte detti e fatti costruiti ex novo, quasi sempre di palese
dottrina gnostica, in evidente contrasto con quella cristiana, come, ad esempio,
l’ultimo versetto del Vangelo copto di Tommaso:
Simon Pietro disse loro: Maria se ne vada da noi, perché le donne non meritano la
vita! Gesù rispose: Ecco, io la trarrò così da renderla uomo. Così
anche lei diverrà spirito vivente, simile a voi uomini. Ogni donna che si fa uomo
entrerà nel regno dei cieli.
b) Detti e fatti che ritroviamo in forma simile nei vangeli canonici, spesso abilmente
riordinati per favorire l'interpretazione gnostica.
c) In minima parte detti che potrebbero risalire a raccolte di loghia - di
“detti” - di Gesù (di cui si sarebbero serviti anche i quattro vangeli
canonici) la cui esistenza è attestata nei cosiddetti Agrapha – “non
scritti” – cioè parole di Gesù che ritroviamo non nei vangeli ma in
altri scritti neotestamentari (come il famoso “C’è più gioia nel dare
che nel ricevere”, attestato negli Atti degli Apostoli) o nei primi Padri della Chiesa.
Nonostante l'arbitrio degli elementi eretici e leggendari, questi scritti apocrifi furono a
volte veicolo almeno parziale del messaggio cristiano in luoghi dove non esistevano altri testi
a disposizione.
Il desiderio popolare di ulteriore conoscenza della vita di Cristo,
di Maria e degli apostoli, rispetto ai dati presenti nei quattro vangeli canonici, offrì
la motivazione per un complesso di opere apocrife, sviluppatesi ai margini della
canonicità, ma preziose testimonianze del cristianesimo primitivo popolare. Sono
opere cariche di interesse pietistico e di fantasia. Anche nell'intento di servire la
verità, ampliarono ed integrarono con aneddoti e leggende le poche notizie di tradizione
sicura del racconto canonico, sentito insufficiente specie riguardo l'infanzia di Gesù,
i tre giorni nel sepolcro, la vita e l'assunzione della Vergine.
Possiamo prendere ad esempio la più antica leggenda mariana che è narrata nel
Vangelo di Giacomo. Il testo non possiede nessuno sviluppo puramente teologico, ma solo il
racconto semplice e insieme affascinante della vita di Maria, in cui risaltano la sua
verginità fisica, la discendenza davidica e la santità interiore senza precedenti
fin dalla più tenera età:
Ed i suoi genitori tornarono a casa, meravigliati e lodando il Signore Dio perché la
bimba non s'era voltata (per paura nel salire al tempio). Ora Maria dimorava nel tempio del
Signore, considerata come colomba. Il cibo lo riceveva dalla mano di un angelo.
Alcuni di questi scritti presentano passi poetici di notevole bellezza e rivelano una
particolare sensibilità umana e spirituale dell'autore. Ne è un esempio, tratto
ancora dal Vangelo di Giacomo, il passo del silenzio cosmico nel quale si descrive
l'attimo in cui tutto si ferma per accompagnare con stupore la nascita di Cristo:
Ora io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai l'aere e lo vidi colpito da stupore.
Guardai la volta del cielo e la vidi immobile; gli uccelli del cielo, fermi. Abbassai lo
sguardo al suolo e scorsi per terra un vaso: operai sedevano dintorno con le mani nel vaso. Chi
masticava non masticava più; chi prendeva su qualcosa non sollevava più; chi
portava alla bocca non portava più: i volti di tutti guardavano in alto. Ed ecco pecore
spinte avanti; non andavano innanzi, ma stavano ferme. Il pastore sollevò la mano per
percuoterle con il bastone; la mano restò in alto. Guardai giù alla corrente del
fiume e vidi le bocche dei capretti poste sopra, ma non bevevano. Quindi tutto, in un istante,
riprendeva il suo corso .
Per quanto riguarda il pensiero mariano contengono, a volte, sebbene sotto forma simbolica o
favolistica, ciò che in seguito teologia e magistero troveranno ragionevole o,
addirittura, da credere. Inoltre questi testi apocrifi sono fonte d'informazione sul culto,
sulle usanze liturgiche e sulle tradizioni circa diversi episodi della vita e del martirio
degli apostoli.
Gli originali di queste opere furono tradotti nelle varie lingue della Chiesa antica e il
racconto apocrifo, proprio per il suo intento di edificazione non dottrinale, si attestò
quasi dovunque, esercitando, nel tempo, un influsso notevole nella devozione privata e
liturgica, nella letteratura e in ogni forma d'arte.
Ripresentiamo on-line l’articolo che D.Doré ha scritto per il Dizionario enciclopedico della Bibbia, a cura del Centre informatique et Bible (C.I.D.) di Maredsous, Borla, Città Nuova, Roma, 1995, pagg.164-171. Permetterà ai lettori di rendersi conto del tenore degli apocrifi, del loro contenuto e della loro attendibilità. Per i testi integrali degli apocrifi, l’autore segnala, nella bibliografia al termine dell’articolo, le diverse edizioni scientifiche (i testi sono facilmente reperibili in molte collane di editori cattolici e non, italiani e stranieri). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza on-line di questo articolo sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.
Centro culturale Gli scritti
1 Abdia, Storia apostolica
La Storia apostolica di Abdia è una vasta compilazione latina di leggende sugli
undici apostoli e Paolo, composta in Francia verso il VI o VII secolo. Attinge largamente alle
fonti canoniche (Vangeli e Atti) e agli apocrifi (atti apocrifi, letteratura
pseudo-clementina). Secondo la prefazione il materiale sarebbe stato raccolto da Giulio
l’Africano a partire dalle opere ebraiche di Abdia, vescovo di Babilonia, che dà
il suo nome alla collezione.
2 Abgar e Gesù, corrispondenza
A Origine e testimoni.
Eusebio (Storia ecclesiastica 1,13) dà una traduzione greca di una lettera del
re Abgar di Edessa a Gesù e della sua risposta, entrambe scoperte negli archivi della
città. La missiva del re è anche contenuta in due racconti più elaborati,
gli Atti di Taddeo e la Dottrina di Addai.
B Contenuto.
Il re Abgar, avendo udito dei prodigi di Gesù, lo invita a guarirlo da una grave
malattia e in cambio gli offre di condividere il potere a Edessa. Nella sua risposta
Gesù, non potendosi spostare di persona, promette di inviare uno dei suoi discepoli:
sarà Taddeo che guarirà il re e convertirà il suo regno.
3 Addai, dottrina
Nome della versione siriaca degli Atti di Taddeo. (à54)
4 Alessandrini, Epistola
L’Epistola agli Alessandrini menzionata nel Canone di Muratori non
è altrimenti conosciuta.
5 Andrea, Atti
A Origine e testimoni.
Eusebio (Storia ecclesiastica 3,25,6-7) e Epifanio di Salamina (Adversus
haereses 47,61,68) citano degli Atti di Andrea che circolavano in ambienti eretici.
Di quest'opera, il cui originale può risalire al II secolo, noi possediamo solo dei
frammenti in greco (lingua originale dell’opera) e un riassunto di Gregorio di Tours in
latino (Liber miraculorum beati Andrea apostoli; VI secolo).
B Contenuto.
Per avere convinto Maximilla, sposa di Aegates, governatore dell'Acaia, a vivere in
continenza, Andrea viene gettato in prigione; condannato, accetta con gioia il supplizio e
dalla croce si rivolge per tre giorni e tre notti al popolo. Dopo la morte dell'apostolo, che
viene seppellito da Maximilla, Aegates sconvolto dal rimorso si suicida.
C Teologia.
L'influenza dello gnosticismo sugli Atti di Andrea si rivela nella condanna del
matrimonio e l'insistenza sulla natura spirituale dell'uomo.
6 Andrea, Atto copto
Nell'Atto copto di Andrea, frammento di Atti orientali andati persi e differenti
dai nostri Atti di Andrea, l’apostolo parla con un cane: la padrona di
quest'ultimo, avendo ucciso il figlio, glielo ha dato in pasto. Andrea fa vomitare il cane e
resuscita il bambino.
7 Andrea e Mattia, Atti
A Origine e testimoni.
Probabilmente composti in Egitto, gli Atti di Andrea e Mattia sono conosciuti nella
versione greca, siriaca, latina (posta da Gregorio di Tours all'inizio del suo Liber
miraculorum beati Andrea apostoli), copta ed etiopica.
B Contenuto.
Gesù appare ad Andrea e lo incarica di soccorrere Mattia, che sta per essere divorato
da antropofagi. Senza farsi riconoscere, Gesù guida il viaggio marittimo dell'apostolo,
che libera Mattia e, a forza di prodigi, converte il paese.
8 Apostoli, Epistola degli
A Origine e testimoni.
L'originale greco dell’Epistola degli Apostoli o Testamento di Nostro Signore
Gesù Cristo in Galilea, che doveva risalire al II secolo, è andato perduto e
solo nel 1895 è apparsa una versione copta dell’opera; da allora sono state
scoperte una versione etiopica e un frammento di quella latina.
B Contenuto.
L'opera si presenta come una lettera circolare rivolta dagli apostoli a tutte le Chiese e
riferisce l'insegnamento dispensato da Gesù nei momenti precedenti l'ascensione: la
discesa all'inferno e la descrizione del giudizio universale sono evocati nell'iconografia
tradizionale delle apocalissi.
C Teologia e influenza.
Anche se sprovvista di tratti eterodossi, l’Epistola degli Apostoli non sembra
essere stata molto diffusa ed è poco menzionata nella letteratura cristiana antica.
9 Barnaba, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Barnaba sono un'opera tardiva (V secolo o prima) conservata in greco e
presentata come l’opera di Giovanni Marco, il collaboratore di Paolo. I racconti degli
Atti ne costituiscono la fonte principale. Essi sono utilizzati con una sobrietà
notevole per questo genere letterario.
B Contenuto.
L’opera narra le missioni di Barnaba, con e senza Paolo, e il martirio dell'apostolo a
Salamina di Cipro.
10 Bartolomeo, Vangelo
Girolamo (Prologo a Matteo) e il Decreto di Gelasio citano un Vangelo di
Bartolomeo. Deve probabilmente trattarsi delle Domande di Bartolomeo (cfr.
infra).
11 Bartolomeo, Libro della resurrezione
A Origine e testimoni.
Il Libro della resurrezione del Cristo dell'apostolo Bartolomeo èun apocrifo di
origine egiziana, generalmente considerato del V-VI secolo e trasmesso da parecchi manoscritti
copti.
B Contenuto.
L'apostolo Bartolomeo fa al figlio Taddeo un racconto della resurrezione di Cristo dove i dati
presi dai vangeli canonici si affiancano alle leggende sull'apostolo Tommaso; l’assenza
di costui al cenacolo durante la prima apparizione di Cristo viene spiegata con un viaggio
missionario durante il quale egli battezza 12.000 indigeni, resuscita il figlio e lo consacra
vescovo; rimpatriato lo stesso giorno grazie a una nube sul monte degli Ulivi, si rifiuta di
credere alla resurrezione di Gesù.
12 Bartolomeo, Domande
A Origine e testimoni.
Le Domande di Bartolomeo sono conservate in greco, latino e paleo-slavo. La loro
redazione viene situata fra il III e il V secolo, ma potrebbero utilizzare materiale più
antico.
B Contenuto.
L'opera riporta le risposte di Gesù, della Vergine e di Satana alle domande di
Bartolomeo sul fine ultimo, la caduta degli angeli e i peccati.
13 Basilide, Vangelo
Sulla testimonianza di Origene (Omelie su Luca 1), di Girolamo e di Ambrogio,
Basilide avrebbe composto secondo le intenzioni della sua setta gnostica, dell'inizio del II
secolo, un vangelo che conterebbe 24 libri (Eusebio, Storia ecclesiastica 4,7,6-7). Come
nel caso del Vangelo di Marcione (à 35), si tratta probabilmente di un
rimaneggiamento dei vangeli canonici, forse con un commento. Restano solo due citazioni, di
natura nettamente gnostica, del Vangelo di Basilide (Clemente di Alessandria,
Stromati 4,81-83; Atti di Archelao 67,5.7-11).
14 Corinzi, terza epistola
Uno dei frammenti degli Atti di Paolo (à 43), che ha avuto talvolta
un’esistenza separata.
15 Clementini, apocrifi pseudo-
A Origine e testimoni.
Clemente di Roma, secondo successore di Pietro, è considerato l'autore di un'opera su
Pietro che ci è pervenuta sotto varie presentazioni. Le più antiche sono le
Omelie conservate in originale in greco e i Riconoscimenti di cui possediamo solo
la traduzione latina di Rufino. Queste due versioni sono alla base di un gran numero di
rimaneggiamenti in siriaco, greco e arabo. Le Omelie e i Riconoscimenti stessi
sono generalmente considerati adattamenti di altri documenti più antichi.
B Contenuto.
Omelie (20 libri), Riconoscimenti (10 libri) e le opere che ne derivano
riprendono le dispute fra Pietro e Simon Mago, non più a Roma, come negli Atti di
Pietro, ma in diverse città della costa siriopalestinese; ogni volta Pietro si
oppone con successo agli artifici del ciarlatano e fonda delle comunità. In questa trama
si inserisce il racconto delle peregrinazioni di Clemente durante le quali costui "riconosce"
(da cui il titolo Riconoscimenti) i membri della sua famiglia dai quali era stato
separato. Le Omelie sviluppano maggiormente i discorsi di Pietro.
C Teologia e influenza.
Se le tesi gnostiche prestate a Simone sono molto combattute, i discorsi di Pietro si rifanno
alla teologia giudeo-cristiana; Gesù è un nuovo Mosè, venuto a ristabilire
la Legge travisata dai Giudei. Nel secolo scorso la scuola di Tubinga, trascurando la
complessità e a volte l'incoerenza del materiale raccolto negli Apocrifi
pseudo-Clementini, vi ha visto il riflesso della teologia pietrina, la cui sintesi con il
pensiero paolino avrebbe dato al cristianesimo la sua fisionomia definitiva.
16 Ebioniti, Vangelo degli
A Epifanio di Salamina è il principale testimone del Vangelo degli Ebioniti, una
setta giudeo-cristiana della Transgiordania; le citazioni conservate dell'opera permettono di
situarne la redazione verso la metà del II secolo. È probabilmente imparentato,
secondo modalità discusse, col Vangelo dei Nazarei e col Vangelo degli
Ebrei.
B Teologia.
Se tutti i frammenti conservati dipendono dai vangeli sinottici, la teologia ebionita
(ostilità ai sacrifici, al culto, al consumo di carne, negazione della nascita verginale
di Gesù e cristologia adozionista) si caratterizza per la selezione di questi materiali
(il vangelo dell'infanzia è omesso) e per il loro rimaneggiamento (Giovanni non si nutre
di cavallette, in gr. akris, ma di dolci, in gr. egkris, ecc.), da cui il
giudizio di Epifanio, per il quale il Vangelo degli Ebioniti è una versione
abbreviata di Mt.
17 Egiziani, Vangelo degli
Gli eresiologi fanno spesso allusione ad un Vangelo degli Egiziani scritto in greco e
diffuso dal II secolo presso i sabelliani (Epifanio, Adversus haereses 62,4) e i
naasseni (Ippolito Refutatio omnium haeresium 5,7,9); Clemente di Alessandria fornisce
quattro citazioni dell'opera per combattere l'interpretazione encratica che ne veniva data
allora (Stromati 3,6,45; 3,9,63.66; 3,13,92-93). L'ultima citazione si ritrova nel
Vangelo di Tommaso scoperto a Nag Hammadi (22; 37), comunque non è stato
possibile rilevare alcuna parentela fra il Vangelo degli Egiziani citato da Clemente e
l'opera che porta lo stesso nome nella biblioteca di Nag Hammadi.
18 Infanzia, Vangelo arabo
A Origine e testimoni.
Il Vangelo dell'infanzia, combinazione del Protovangelo di Giacomo e del
Vangelo per l'infanzia di Tommaso con degli elementi originali, ci è
pervenuto grazie alla traduzione latina pubblicata nel 1697 di un manoscritto arabo oggi
perduto.
B Contenuto.
Riportando la nascita e l'infanzia di Gesù, l'autore rivaleggia in meraviglia con le
sue fonti (guarigioni, predizioni, animazioni di uccelli di argilla il giorno di sabato, ecc.)
fino all'incongruenza.
19 Infanzia, Vangelo armeno
Il Vangelo armeno dell'infanzia è un ampliamento del Protovangelo di
Giacomo e del Vangelo dell'Infanzia di Tommaso, tradotto in armeno a partire da un
originale siriaco oggi andato perduto.
20 Stefano, Apocalisse
Opera apocrifa persa citata nel Decreto di Gelasio.
21 Ebrei, Vangelo
A Origine e testimoni.
Eusebio di Cesarea e Clemente di Alessandria parlano di un Vangelo degli Ebrei scritto
in greco. Un'opera aramaica con lo stesso nome si trovava nella biblioteca di Cesarea all'epoca
di Girolamo, che la cita abbondantemente, ma non si tratta forse della stessa opera. La natura
del Vangelo degli Ebrei e i suoi legami con gli altri vangeli giudeo-cristiani di cui la
tradizione ha conservato il ricordo, ha dato luogo a parecchie ipotesi. Sembrerebbe che il
Vangelo degli Ebrei sia derivato da ambienti giudeo-cristiani egiziani del II secolo.
B Contenuto e teologia.
I frammenti del Vangelo degli Ebrei mostrano una netta influenza giudeo-cristiana,
soprattutto nell'importanza data a Giacomo, fratello del Signore, e nell'uso del femminile a
proposito dello Spirito (come in ebraico e aramaico).
22 Filippo, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Filippo sono una composizione del IV o V secolo, di cui tre quinti sono
conservati in greco (?).
B Contenuto e teologia.
Come la maggior parte degli altri atti, gli Atti di Filippo riportano i miracoli (in
Grecia, in Partia e a Cartagine) e il martirio (crocifissione con la testa in giù)
dell'apostolo. Non vi si vedono tendenze gnostiche o encratiche.
23 Filippo. Epistola di Pietro
L'Epistola di Pietro a Filippo ritrovata a Nag Hammadi (NH 8/2) in una versione copta
derivata dal greco contiene una presentazione docetista della crocifissione di Gesù.
Malgrado il suo titolo, l'opera si rifà piuttosto al genere letterario degli atti.
24 Filippo, Vangelo
A Origine e testimoni.
Epifanio di Salamina (Adversus haereses 26,13,2-3) cita un estratto di un Vangelo di
Filippo utilizzato dagli gnostici d'Egitto. Questo passo non si trova nel Vangelo di
Filippo scoperto a Nag Hammadi (NH 2/3); d'altronde, in questo trattato gnostico copto
basato su un originale greco del II secolo, il posto accordato a Filippo è così
piccolo che si è portati a considerare il titolo come secondario.
B Contenuto.
II frammento di Epifanio tratta della salvezza tramite la conoscenza e il rifiuto della
procreazione, caratteristiche dello gnosticismo. Il Vangelo di Filippo di Nag Hammadi
è un trattato di gnosi valentiniana, con una particolare insistenza sui sacramenti.
25 Giacomo, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Giacomo ci sono pervenuti solo in versione latina, che costituisce anche il
quarto libro della Storia apostolica di Abdia. Il passo delle Ipotiposi di
Clemente di Alessandria, conservato da Eusebio di Cesarea (Storia Ecclesiastica
2,9,1-3), potrebbe nascondere una citazione dell'originale greco degli Atti di Giacomo,
che risalirebbe allora al II secolo.
B Contenuto.
In uno stile molto romanzato, gli Atti di Giacomo parlano delle avventure (dispute con
il mago Ermogene, il cui assistente viene poi convertito al cristianesimo) e del martirio
dell'apostolo.
26 Giacomo, Apocalissi copte
A Origine e testimoni.
II codice 5 di Nag Hammadi contiene due Apocalissi di Giacomo (NH 5/3; 5/4) in copto,
che risalgono probabilmente a degli originali greci.
B Contenuto e teologia.
La prima riporta due conversazioni di Giacomo con Gesù, prima e dopo la passione che
è vista nella prospettiva del docetismo (impassibilità di Cristo), la seconda
è una raccolta di inni attribuiti a Giacomo e Gesù; vi è menzionato il
martirio dell'apostolo.
27 Giacomo, Ascensione
Secondo la testimonianza di Epifanio (Adversus haereses 30,16) gli Ebioniti possedevano
un libro intitolato Ascensioni di Giacomo che riportava le arringhe contro i sacrifici
che l'apostolo pronunciava probabilmente dall'alto del Tempio, da cui deriva forse il titolo
della opera; quest'opera giudeo-cristiana si caratterizzava per una violenta ostilità a
Paolo.
28 Giacomo, Protovangelo
A Origine e testimoni.
La Storia di Giacomo sulla nascita di Maria è più spesso designata con il
titolo di Protovangelo (=”primo vangelo”) di Giacomo dato
dall’erudito francese Postel alla sua traduzione latina. È il più antico
"vangelo dell'infanzia", composto nella metà del II secolo, probabilmente in Egitto. Il
racconto ci è pervenuto in greco e in alcune versioni siriache, armene, etiopiche,
georgiane e in paleo-slavo e si presenta come l'opera di Giacomo il Maggiore (il
“fratello di Gesù”; il Decreto di Gelasio lo attribuisce però
a Giacomo il Minore); forse vi allude già Giustino (Dialogo con Trifone 78,5) e
Origine vi fa esplicito riferimento nel suo Commento a Matteo.
B Contenuto. Il Protovangelo di Giacomo narra la vita di Maria; malgrado la loro
età, Dio accorda ad Anna e Gioacchino una discendenza: Maria cresce nel Tempio fino a
dodici anni e poi viene fidanzata a Giuseppe, un vedovo padre di parecchi figli (tentativo di
spiegare l'espressione “fratelli di Gesù” dei vangeli canonici);
segue poi il racconto molto romanzato dell'annunciazione (i sospetti di Giuseppe sono placati
dalla celebrazione del rito dell' “oblazione di gelosia” di Nm 5,11-31), della
nascita di Gesù a Betlemme (dove la donna saggia Salomè constata la
verginità di Maria anche dopo il parto), della fuga in Egitto e dell'uccisione di
Zaccaria, padre di Giovanni Battista, da parte di Erode.
C Teologia e influenza.
Scritta in uno stile sostenuto, l'opera insiste tuttavia in modo puerile sulla
verginità di Maria ante et post partum e sacrifica al gusto del meraviglioso la
verosimiglianza geografica. Molto presto le tradizioni del Protovangelo di Giacomo e le
sue trasformazioni latine (Vangelo dello pseudo-Matteo) hanno influenzato la
pietà cristiana: Anna e Gioacchino, la natività di Maria o la sua presentazione
al Tempio sono entrati nel calendario liturgico e sono stati abbondantemente illustrati
nell'arte e nella letteratura.
29 Giovanni, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Giovanni sono i più antichi che noi possediamo; furono composti in
Asia minore a partire dalla metà del II secolo. Il loro autore, che si presenta nel
racconto come un compagno dell'apostolo Giovanni, è chiamato Leucius da diversi autori a
partire dal V secolo; probabilmente a torto Fozio (Biblioteca 114) attribuisce a Leucius
Charinus la paternità anche degli Atti di Paolo, Pietro, Andrea e Tommaso (da cui
il nome di Atti leuciani dato a questi quattro Atti e a quelli di Giovanni).
Dell'opera si conservano i due terzi della versione greca e una versione latina abbreviata.
B Contenuto.
Giovanni compie parecchi miracoli a Efeso (resurrezioni, guarigioni, demolizioni del Tempio di
Artemide). Dopo un lungo discorso su Cristo e una eucarestia (celebrata senza vino), l'apostolo
spira nella tomba che si era fatta scavare.
C Teologia.
Gli Atti di Giovanni professano una cristologia doceta (il corpo di Cristo non era
materiale, la crocifissione non è che un miraggio); in prospettiva gnostica la salvezza
passa attraverso una conoscenza riservata a pochi. I tratti encratici sono meno accentuati che
negli Atti di Andrea o di Tommaso.
30 Giovanni, Atti per Procoro
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Giovanni per Procoro sono una composizione romanzesca del V secolo;
l'apostolo Giovanni sembra li abbia dettati a Procoro, il diacono di Gerusalemme menzionato in
At6,5. L'opera ci è pervenuta in greco, in armeno e in siriaco.
B Contenuto.
L'opera attinge largamente agli Atti di Giovanni di Leucius, dai quali elimina i tratti
eterodossi. Il brano si concentra sul soggiorno dell'apostolo a Patmos.
31 Giovanni, Apocalisse apocrifa
A Origine e testimoni.
Distinta dal libro canonico dell'Ap, l'Apocalisse apocrifa di Giovanni è
conservata in greco e deve essere posteriore a Efrem (IV secolo) dal quale mutua la descrizione
dell'Anticristo.
B Contenuto.
L'Apocalisse apocrifa di Giovanni riporta la conversazione fra l'apostolo Giovanni e
Gesù sul fine ultimo: la venuta dell'Anticristo, la resurrezione dei morti e il giudizio
universale sono descritti secondo schemi tradizionali.
32 Giovanni, Apocryphon
A Origine e testimoni.
Un papiro di Akhmim greco (?) (Papyrus Berlin 8502: versione breve; V secolo) e tre codici
copti di Nag Hammadi (NH 2/1; 4/1: versione lunga; NH 3/1: versione breve) trasmettono
l'Apocryphon ("libro segreto") di Giovanni, la cui composizione risale al II
secolo e che è forse conosciuto da Ireneo (Adversus haereses 1,29-30).
B Contenuto.
L'opera descrive una visione dell'apostolo Giovanni al quale Cristo commenta i primi capitoli
di Gen in una prospettiva gnostica e antigiudaica.
33 Giuseppe il falegname, Storia
A Origine e testimoni.
La Storia di Giuseppe il falegname fu forse composta fin dal IV secolo in Egitto, dove
la pietà verso il padre putativo di Cristo è sempre stata viva. L'originale greco
è andato perduto, ma possediamo delle versioni in copto (dialetto bohairico), arabo e
latino.
B Contenuto.
Ricamando sui dati del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dell'infanzia di
Tommaso, la Storia di Giuseppe il falegname parla di Gesù che racconta sul
Carmelo la vita del proprio padre putativo: vedovo a 89 anni, sposa Maria a 91 e muore tra
Maria e Gesù a 111 anni; la sua anima è portata in cielo, mentre il suo corpo
attende intatto il ritorno di Cristo.
34 Gesù, Testamento in Galilea
Altro nome dell'Epistola degli Apostoli (à 8).
35 Giuda, Vangelo
Ireneo (Adversus haereses 1,31,1) è il solo a menzionare l'esistenza di un
Vangelo di Giuda in uso presso i cainiti, una setta gnostica del II secolo che aveva
riabilitato tutti i personaggi maledetti della Bibbia, ivi compreso Giuda: quest'ultimo avrebbe
tradito Gesù perché la redenzione potesse compiersi.
36 Laodicesi, Epistola
A Origine e testimoni.
L'Epistola ai Laodicesi è uno scritto pseudo-paolino. Originariamente redatta in
greco, esiste in una versione araba e una versione latina; Girolamo (De viris
illustribus 5), la conosceva. L'Epistola ai Laodicesi di tendenza marcionita
segnalata nel Canone di Muratori è probabilmente un'opera diversa.
B Contenuto.
Presentandosi come una lettera richiamata da Paolo in Col 4,16, l'Epistola ai Laodicesi
è un centone corto e senza originalità di estratti da epistole paoline,
principalmente da Fil.
C Influenza.
Sebbene il suo carattere apocrifo sia stato denunciato molto presto, l'Epistola ai
Laodicesi si trova frequentemente unita al corpus paolino nei manoscritti latini della
Bibbia.
37 Lentulus, Epistola
A Origine e testimoni.
L'Epistola di Lentulus è un apocrifo latino che risale al XIII-XIV secolo.
B Contenuto.
Lentulus, un funzionario romano di Giudea, all'epoca di Tiberio indirizza al senato romano una
lettera su Cristo. La descrizione molto precisa del fisico di Gesù si appoggia in
realtà sulla iconografia dell'epoca nell'Occidente latino.
38 Marcione, Vangelo
Nel II secolo Marcione aveva redatto per la setta gnostica che aveva fondato un
rimaneggiamento di Lc, dal quale aveva eliminato i primi due capitoli e tutti i riferimenti
all'AT, considerato come l'opera del Dio malvagio. Questo Vangelo di Marcione è
conosciuto ora solo dalle citazioni degli eresiologi.
39 Maria, Assunzione
A Origine e testimoni.
L'Assunzione di Maria, il cui originale greco (che integra probabilmente elementi
più antichi) risale al IV secolo, è citata nel Decreto di Gelasio ed è
conservata anche in versioni leggermente divergenti, in latino (Transitus Mariae),
siriaco, copto, arabo e armeno.
B Contenuto.
Due anni dopo la sua ascensione Gesù appare a Maria alla quale annuncia la sua prossima
assunzione; Maria muore; parecchi miracoli hanno luogo vicino alle sue spoglie; rianimata,
viene condotta in paradiso.
C Influenza
L'opera nelle sue versioni molteplici ha contribuito a diffondere la pietà mariana, ma
non è stata utilizzata per la definizione del dogma dell'assunzione nella Chiesa
cattolica.
40 Maria, Vangelo della natività
AOrigine e testimoni.
Il Vangelo della natività di Maria, tradizionalmente attribuito a Girolamo,
è un'opera tardiva (VII secolo?) conservata in latino e basata su dati del
Protovangelo di Giacomo.
B Contenuto.
Senza grande originalità rispetto alle fonti, l'autore narra la nascita di Maria, la
sua educazione nel Tempio, il suo fidanzamento con Giuseppe e la nascita di Cristo.
41 Mattia, Vangelo
Un Vangelo di Mattia è menzionato da Origene (Omelie su Luca 1) ed
Eusebio (Storia Ecclesiastica 3,25,6). D'altra parte, Ippolito di Roma (Refutatio
omnium haeresium 7,20,1) e Clemente di Alessandria (Stromati 7,17,108) testimoniano
l'esistenza delle tradizioni encratiche legate a Mattia presso i seguaci di Basilide. È
impossibile verificare l'ipotesi di Doresse che identifica il Vangelo di Mattia degli
eresiologi con il Libro di Tommaso l'atleta ritrovato a Nag Hammadi (NH 2/7), che
ha anch'esso delle tendenze encratiche e si presenta come scritto da "Matteo" (Matteo e Mattia
sono due diverse trascrizioni greche dello stesso antroponimo ebraico).
42 Matteo, Vangelo dello pseudo-
A Origine e testimoni.
Il Vangelo dello pseudo-Matteo, presentato nei manoscritti come una traduzione latina,
fatta da Girolamo, di un'opera greca è un racconto romanzesco basato sul Protovangelo
di Giacomo e sul Vangelo dell'infanzia di Tommaso, con degli elementi originali.
Tardivo (VII o VIII secolo), ci è pervenuto in latino in un gran numero di manoscritti,
i più antichi dei quali risalgono all'XI secolo.
B Contenuto.
Con un gusto del meraviglioso ancora più spiccato che nel Protovangelo di
Giacomo, il Vangelo dello pseudo-Matteo racconta la nascita del Cristo (fra l'asino
e il bue), il soggiorno della sacra famiglia in Egitto e l'infanzia di Gesù.
C Influenza.
Come il Protovangelo di Giacomo nel mondo orientale, il Vangelo dello pseudo-Matteo
è stato abbondantemente usato nell'arte, nella letteratura e nella liturgia della
cristianità latina per arricchire i vangeli canonici dell'infanzia.
43 Nazareni, vangelo
Epifanio di Salamina attesta l'esistenza di un vangelo dei Nazareni, giudeo-cristiani di
Siria; i rapporti di questo scritto aramaico con gli altri vangeli giudeo-cristiani sono
difficili da precisare dato il carattere frammentario e indiretto della nostra documentazione e
la sua imprecisione. I frammenti che si concorda nel rapportare ad essi sembrano costituire
degli sviluppi di materiale matteano.
44 Nicodemo, vangelo
Nome dato nella tradizioni latina agli Atti di Pilato (à52).
45 Ossirinco, Logia
Sei frammenti di papiro ritrovati a Ossirinco (Papiro di Ossirinco
1,654.655.840.1081.1224.1384), che risalgono al III-IV secolo e che contengono delle parole di
Gesù. Questi testi, probabilmente derivati da vangeli apocrifi, sembrano dipendere dai
vangeli canonici e non riflettono dunque uno stadio della tradizione precedente a questi.
46 Paolo, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Paolo sono abbondantemente citati nella letteratura cristiana antica, a
partire da Ippolito (inizio del III secolo). La loro redazione risalirebbe agli anni 160-180.
Si compongono di tre parti, che a volte hanno avuto esistenza autonoma: gli Atti
propriamente detti, la Terza Epistola ai Corinzi e il Martirio di Paolo. La
seconda parte ètrasmessa da numerosi manoscritti. Della prima sussistono principalmente
gli Atti di Paolo e di Tecla, alcuni altri frammenti che sono stati ritrovati in greco e
in copto. Tutti testimoni di una solida conoscenza dell'Asia minore, gli Atti di Paolo e di
Tecla devono essere stati composti qui ed è possibile che contengano un fondo di
verità. Il Martirio è conosciuto solo grazie a frammenti greci o copti.
B Contenuto.
Negli Atti di Paolo e di Tecla Tecla, un’abitante di Iconio, colpita dalla
predicazione dell'apostolo, rinuncia al matrimonio. Questa decisione le costa l'ostilità
della famiglia, che ottiene l’incarcerazione di Paolo. Miracolosamente scampata al
supplizio, Tecla assiste Paolo nella sua predicazione a Iconio e poi a Seleucia dove muore.
Nella Terza epistola ai Corinzi Paolo dalla sua prigione argomenta contro le dottrine
gnostiche che si stanno diffondendo a Corinto. Il Martirio narra la decapitazione
dell'apostolo durante la persecuzione di Nerone e contiene parecchi racconti di miracoli.
C Teologia e influenza.
Malgrado una celebrazione della verginità che confina a volte con l'encratismo, gli
Atti di Paolo contengono pochi elementi eterodossi. Essi sono raramente citati dagli
autori ecclesiastici antichi, ma la loro diffusione è attestata dall'immensa
popolarità del culto di Tecla non solo in Asia minore, ma anche in tutto l'Occidente.
47 Paolo e Seneca, Epistole
A Origine e testimoni.
La filosofia stoica professata da Seneca aveva parecchi ammiratori presso i cristiani di
lingua latina, che tentarono di farla propria. Già Girolamo (De viris illustribus
12) menziona l'esistenza di una corrispondenza dell'apostolo Paolo con Seneca. Quattordici
lettere in latino (otto di Seneca e sei di Paolo) ci sono pervenute in manoscritti medioevali
tardivi.
B Contenuto.
Queste lettere, chiaramente apocrife (sebbene i due personaggi siano contemporanei e il
proconsole Gallione, che arbitrò la disputa fra Paolo e i Giudei di Corinto, sia
realmente il fratello di Seneca), consistono principalmente in uno scambio di complimenti;
lodando l'elevazione dei pensiero di Paolo, il filosofo lo spinge a curare il suo stile e
presenta le sue lettere all'imperatore Nerone.
48 Pietro, Atti
A Origine e testimoni.
Le testimonianze degli Atti di Pietro sono varie e frammentarie: dell'originale greco
del II secolo si conserva la descrizione del martirio, presente anche in un manoscritto latino
scoperto a Vercelli, che inoltre tramanda i due terzi del testo degli Atti; sono stati
ritrovati anche altri frammenti fra cui un Atto copto di Pietro e una recensione latina
del martirio attribuita a Lino, successore di Pietro (Martyrium beati Petri Apostoli a Lino
conscriptum). Gli Atti di Pietro sono citati nel Rescritto d'Innocenzo I
(405) e nel Decreto di Gelasio.
B Contenuto.
Dopo la descrizione della partenza di Paolo per la Spagna (1-3), gli Atti di Vercelli
parlano del conflitto che oppone Pietro a Simon Mago a colpi di resurrezioni e altri prodigi
(rianimazione di un pesce seccato, lievitazione, ecc.) e termina con la morte del mago (4-32);
gli ultimi capitoli (33-44) sono dedicati al racconto del martirio di Pietro, conosciuto anche
nella versione greca: Pietro si è attirato l'odio di parecchi romani influenti
perché ha convinto le loro mogli a vivere in continenza; fuggendo da Roma incontra
Cristo che gli dice di recarsi a Roma per essere crocifisso di nuovo (episodio del Quo
vadis?); Pietro ritorna allora a Roma e chiede di essere crocifisso con la testa in
giù. L'Atto copto di Pietro in uno stile romanzesco narra una guarigione operata
dall'apostolo.
C Teologia e influenza.
Gli Atti di Pietro contengono pochi elementi eterodossi: si rileva qualche espressione
docetista (ma la realtà e l'efficacia delle sofferenze del Cristo non sono negate) e
gnostiche (Pietro è detentore di un sapere segreto, che comunica sulla croce); si
insiste particolarmente sulla misericordia divina. Antichi, relativamente ortodossi, ma di una
storicità incontrollabile, gli Atti di Pietro hanno fornito un'abbondante materia
prima agli artisti e scrittori cristiani.
49 Pietro, Apocalisse
A Origine e testimoni.
Abbondantemente citata nella letteratura patristica, l'Apocalisse di Pietro è
attestata oltre che da due piccoli frammenti greci su papiro, anche da due versioni: una
versione greca dell'VIII secolo o del IX secolo, amputata dell'inizio e della fine ritrovata
contemporaneamente al Vangelo di Pietro nella tomba di un monaco cristiano di Akhmim,
nell'Alto Egitto, ed una versione etiopica, completa, più sviluppata, con un contenuto
ed una struttura spesso diversi dalla versione greca. Questa Apocalisse di Pietro non ha
alcun rapporto con l'opera che porta lo stesso nome scoperta a Nag Hammadi.
B Contenuto.
Sul monte degli Ulivi, su richiesta di Pietro, Gesù mostra ai suoi discepoli le regioni
dell'aldilà; il posto dei malvagi e la loro punizione sono descritti dettagliatamente.
Il racconto si conclude con la trasfigurazione di Cristo, che sale in cielo.
C Teologia e influenza.
L'Apocalisse di Pietro era arrivata alla soglia della canonicità, soprattutto
nel mondo latino: il Canone di Muratori la mette nel NT, pur considerando le reticenze
di molti; allo stesso modo il codice Claromontano la annovera fra i libri biblici e Clemente di
Alessandria la commenta come un'opera canonica. Al contrario, per la Sticometria di
Niceforo, l'Apocalisse di Pietro fa parte dei libri "controversi" ed Eusebio la
rifiuta (Storia ecclesiastica 3,3,2), ma Sozomene (Storia ecclesiastica 7,19)
testimonia ancora il suo uso liturgico. Anche se il suo testo è a poco a poco caduto nel
dimenticatoio, l'Apocalisse di Pietro, tramite altre opere che seguiranno il suo stile,
segnerà la sua impronta nella letteratura e nell'arte medioevali, così avide di
topografia celeste o infernale.
50 Pietro, Vangelo
A Origine e testimoni.
Un lungo frammento del Vangelo di Pietro fu scoperto nel 1886 in una tomba di Akhmim
nell'Alto Egitto. L'opera probabilmente imparentata col Vangelo di Pietro di cui
Serapione, verso il 200, denuncia le tendenze docetiste, deve essere stata composta verso il
130 negli ambienti giudeo-cristiani della Siria.
B Contenuto e teologia.
La parte dell'opera conservata descrive la condanna di Gesù, la sua resurrezione e le
sue apparizioni agli apostoli. Il materiale proviene dai vangeli sinottici ma è
rielaborato in prospettiva anti-giudaica (Erode e non Pilato condanna Gesù); il
docetismo affiora nell'insistenza sull'impassibilità di Gesù.
C Influenza.
Le diramazioni dell'opera non sembrano aver superato la cerchia giudeo-cristiana, della quale
spiega in modo particolare la cristologia.
51 Pietro e dei dodici apostoli, Atti
Gli Atti di Pietro e dei dodici apostoli che figurano in testa al codice 6 di Nag
Hammadi (NH 6/1) non presentano tratti gnostici.
52 Pilato, Atti
A Origine e testimoni.
Eusebio di Cesarea (Storia ecclesiastica 9,5,1) menziona l'esistenza di un'opera
anticristiana intitolata Atti di Pilato e oggi andata perduta; malgrado alcune allusioni
di Giustino (Apologia 35; 48) e di Tertulliano (Apologetico 21), sembra che gli
Atti di Pilato cristiani, dei quali noi possediamo il testo greco e delle versioni in
siriaco, latino, copto, armeno, paleo-slavo ed etiopico, siano una risposta agli Atti
anticristiani e di conseguenza non possono essere nella loro forma attuale anteriori al IV
secolo, con la seconda parte forse anche più tardiva.
B Contenuto.
In una prima parte (1-11) Nicodemo si basa sugli atti romani del processo istruito da Pilato
per descrivere la condanna e il supplizio di Gesù; nei capitoli 12-16 la resurrezione di
Gesù viene provata davanti al Sinedrio da Nicodemo e Giuseppe di Arimatea. I capitoli
17-27 descrivono la discesa di Cristo agli inferi, dove resuscita Adamo e il buon ladrone.
Alcune versioni aggiungono in appendice agli Atti di Pilato una corrispondenza fittizia
fra Pilato e Tiberio o Claudio o dei racconti sul destino successivo di Pilato.
C Teologia e influenza.
Gli Atti di Pilato gettano sui Giudei la responsabilità della condanna di
Gesù e minimizzano il ruolo di Pilato. Essi hanno influenzato la corrente che mira a
riabilitare Pilato e condurrà alla canonizzazione di Pilato nella Chiesa etiopica e
della sua sposa nella Chiesa greca (santa Procla). Negli Atti di Pilato viene dato il
nome di Longino all'ufficiale romano che trafigge il fianco di Gesù crocifisso
53 Pistis Sophia
A Origine e testimoni.
Pistis Sophia è il titolo dato dagli studiosi moderni al testo gnostico
trasmesso dal codice Askewianus, un manoscritto in pergamena della seconda metà del IV
secolo entrato al British Museum nel 1785 e tradotto per la prima volta nel 1851. Le prime tre
sezioni dell'opera si basano su un originale greco della seconda metà del III secolo,
mentre la quarta parte risale alla prima metà del III secolo.
B Contenuto.
Nelle prime tre sezioni Gesù, dodici anni dopo la resurrezione, risponde ad una serie
di domande, la maggior parte delle quali gli vengono poste, su istigazione di Pietro, da Maria
Maddalena. Vi si parla particolarmente della sorte di Pistis Sophia (letteralmente
"fede-saggezza"), un'entità del mondo degli eoni che è caduta dal pleroma in
questo mondo. La quarta parte, più antica, narra gli avvenimenti seguiti immediatamente
alla resurrezione di Gesù.
54 Taddeo, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Taddeo ci sono pervenuti in una versione greca dell'inizio del IV secolo e
in una versione siriaca del 400 d.C. circa, e intitolata Dottrina di Addai. Essi evocano
la lettera del re Abgar a Gesù, già citata da Eusebio di Cesarea (Storia
ecclesiastica 1,13). Eusebio e gli Atti di Taddeo menzionano una risposta scritta;
la Dottrina di Addai menziona una risposta orale.
B Contenuto.
Gesù non ha potuto accettare l'invito di Abgar ma ha promesso di mandargli uno dei suoi
discepoli. Negli Atti di Taddeo, dopo l'ascensione, Tommaso, per ispirazione divina,
invia a Edessa, Taddeo, che guarisce il re e converte i suoi sudditi. Secondo la Dottrina di
Addai Gesù trasmette al re la sua risposta e il suo ritratto miracoloso tramite
Anania.
55 Tommaso, Atti
A Origine e testimoni.
Gli Atti di Tommaso ci sono pervenuti in una versione greca che risale probabilmente a
un originale siriaco del III secolo. La versione siriaca che possediamo si allontana
dall'originale più di quella greca. Gli Atti di Tommaso sono citati nella
Sticometria di Niceforo.
B Contenuto.
L'opera racconta la missione dell'apostolo Tommaso in India, dove si guadagna la fiducia del
re Gundafor e compie numerosi prodigi (rianimazione di un cadavere, esorcismo; liberazione
miracolosa, ecc.) prima di essere giudicato e condannato dal re Misdai; costui, dopo il
martirio dell'apostolo, si convertirà con la sua famiglia. Il corpo del santo viene
trasferito in Mesopotamia. Nell'episodio dell'imprigionamento di Tommaso è inserito il
celebre Inno della perla; di origine gnostica (9,108-113);
C Teologia e influenza.
Gli Atti di Tommaso, anche se rimaneggiati da un autore cristiano, lasciano trasparire
chiare tendenze gnostiche; il matrimonio viene nettamente disprezzato, come il Vangelo di
Tommaso di Nag Hammadi; Tommaso vi appare come il fratello gemello di Cristo; infine
l'Inno della perla illustra il mito gnostico della decadenza dell'anima e del suo
ritorno nel mondo celeste. Gli Atti di Tommaso testimoniano una certa conoscenza della
topografia, dell'onomastica e dei costumi dell'India, senza che tuttavia possa confermare la
realtà del viaggio dell'apostolo Tommaso in India al quale i cristiani del Kerala fanno
risalire la fondazione della loro Chiesa.
56 Tommaso, Vangelo
A Origine e testimoni.
Un Vangelo di Tommaso in copto, distinto dal Vangelo dell'infanzia di Tommaso,
è uno dei pezzi più interessanti della biblioteca gnostica di Nag Hammadi (NH
2/2). È forse l'opera alla quale alludono Origene (Omelie su Luca 1), Eusebio
(Storia ecclesiastica 3,25,6) e Ambrogio (Commento su Luca 1,2). Secondo Ippolito
(Refutatio omnium haeresium 5,7,20), l'opera, della quale cita un passaggio, era usata
presso gli gnostici naasseni. La sua redazione viene fatta risalire al 140, in Siria.
B Contenuto e teologia.
Il Vangelo di Tommaso è una raccolta di 114 logia; di cui alcuni hanno
parallelismi con i Logia di Ossirinco. Questi logia non sono come si era pensato in un
primo momento, una delle raccolte di logia che stavano alla base della redazione sinottica; al
contrario, bisogna vedervi un rimaneggiamento gnostico dei vangeli canonici con una insistenza
particolare sulla condanna della sessualità. Tuttavia alcuni logia possono aver
conservato delle parole di Gesù non riprese nei vangeli canonici.
57 Tommaso, Vangelo dell'infanzia
A Origine e testimoni.
Il Vangelo dell'infanzia di Tommaso (denominato "filosofo israelita" in alcuni
manoscritti) esiste in greco in due recensioni, di cui la più corta sembra essere la
più antica. Ireneo nel II secolo riferisce l'episodio dell'apprendimento dell'alfabeto
da parte di Gesù, che si ritrova anche nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso, ma
ciò non prova che questo scritto apocrifo esistesse già in quanto tale in
quest'epoca; in ogni caso, nella sua forma attuale l'opera potrebbe risalire al IV secolo.
Esistono versioni in siriaco, latino, georgiano, etiopico e paleo-slavo.
B Contenuto.
II Vangelo dell'infanzia di Tommaso racconta i miracoli compiuti da Gesù fra i
cinque e i dieci anni (animazione di un uccellino d'argilla, morte istantanea di importuni,
ecc.).
C Teologia ed influenza.
Questo racconto puerile, in cui Gesù è descritto come un bambino capriccioso e
sadico, viene utilizzato nel Vangelo dello pseudo-Matteo, nel Vangelo arabo
dell'infanzia e nel Vangelo armeno dell'infanzia.
58 Tito, Epistola
A Origine e testimoni.
L'Epistola di Tito è uno scritto dell'VIII secolo, conosciuto tramite un solo
manoscritto latino, ma che deriva probabilmente da un modello greco. L'opera vide la luce forse
negli ambienti priscillianisti.
B Contenuto e teologia.
In una lingua molto scorretta l'Epistola di Tito parla della verginità e se la
prende con la pratica dei "matrimoni spirituali" nei quali coabitavano asceti dei due sessi.
59 Transitus Mariae
Titolo della versione latina dell'Assunzione di Maria ( à 36).
60 Verità, Vangelo
A Origine e fonti.
Secondo Ireneo (Adversus haereses 3,11,9) gli gnostici valentiniani usavano un
Vangelo di Verità, che è probabilmente l'opera così intitolata
ritrovata nella biblioteca di Nag Hammadi (NH 1/2).
B Contenuto e teologia.
Ireneo aveva già notato che il Vangelo di Verità aveva solo vaghi
rapporti con i vangeli canonici. Infatti l'opera consiste in un trattato abbastanza confuso di
gnosi di tipo valentiniano, che sviluppa il mito del salvatore e la salvezza tramite la
conoscenza.
Bibl. DBS, I, 460-533; TRE, III, 341-348.357-362; J.A. Fabricius, Codex apocryphus
Novi Testamenti, Hamburg, 1703-1719; C. Tischendorf, Acta apostolorum apocrypha,
Leipzig, 1851; id., Apocrypses apocryphae, Leipzig, 1866; R.A. Lipsius-M. Bonnet,
Acta apostolorum apocrypha, Leipzig, 1891-1903 (anast.: Darmstadt, 1959); M. R. James,
The Apocryphal N.T., Oxford, 1924; F. Amiot, Évangiles apocryphes, Paris,
1952; M.R. James, The Apocryphal N.T., Oxford, 1953; W. Michaelis, Die Apokryphen
Schriften zum N.T., Bremen, 1956; M. Erbetta, Gli apocrifi del N.T., Torino,
1966-1981; E. Hennecke-W. Schneemelcher, Apokryphen des N.T., Tübingen,
19684 (trad. inglese: Philadelphia, 1963-1965); L. Moraldi, Apocrifi del
N.T., Torino, 1971 (bibliografia completa); F. Bovon et al., Les Actes apocryphes
des apôtres. Christianisme et monde païen, Genève, 1981; Corpus
Christianorum. Series Apocryphorum, Turnhout, 1983.
[Gli apocrifi del Nuovo Testamento. II: Atti e leggende, a cura di M. Erbetta, Torino, 1966;
Gli apocrifi del Nuovo Testamento. III: Lettere e Apocalissi, a cura di M. Erbetta, Torino,
1969; Apocrifi del Nuovo Testamento. I-II, a cura di L. Moraldi (= ClasRelCri), Torino,
1972-1975 (nuova ed. in tre voll., Piemme, Casale Monferrato, 1994); Gli apocrifi del N.T. I,1:
Vangeli. Scritti affini ai vangeli canonici, composizioni gnostiche, materiale illustrativo, a
cura di M. Erbetta, Torino, 1975; Gli apocrifi del Nuovo Testamento. I,2: Vangeli. Infanzia e
passione di Cristo, Assunzione di Maria, a cura di M. Erbetta, Torino, 1981; Testi gnostici, a
cura di L. Moraldi (= ClasRelEb), Torino, 1982; I vangeli gnostici. Vangeli di Tommaso, Maria,
Verità, Filippo, a cura di L. Moraldi (= Biblioteca Adelphi 139), Milano, 1984; H.C.
Puech, Sulle tracce della Gnosi. II. Sul Vangelo secondo Tommaso (= Ramo d'oro 10), Milano,
1985; Le apocalissi gnostiche. Apocalissi di Adamo, Pietro, Giacomo, Paolo, a cura di L.
Moraldi (= Biblioteca Adelphi 181), Milano, 1987; Gli Apocrifi. L'altra Bibbia che non fu
scritta da Dio, a cura di E. Weidinger, edizione italiana a cura di E. Jucci, Casale
Monferrato, 1992; L. Moraldi, Vangelo arabo apocrifo dell'apostolo Giovanni da un Manoscritto
della Biblioteca Ambrosiana (=Di Fronte e Attraverso 285), Milano, 1991].
Riprendiamo, per il progetto Portaparola, da Avvenire del 18/04/2006, la parte che fa riferimento al Vangelo Apocrifo di Giuda nella meditazione tenuta da padre Raniero Cantalamessa in Vaticano il Venerdì Santo, 14 aprile 2006.
Centro Culturale Gli scritti
«Verranno giorni in cui non si sopporterà più
la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa di nuovo, gli uomini
si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare
ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2Tim4,3-4).
Questa parola della Scrittura - soprattutto l'accenno al prurito di udire cose
nuove - si sta realizzando in modo nuovo e impressionante ai nostri giorni.
Mentre noi celebriamo qui il ricordo della passione e morte del Salvatore, milioni
di persone sono indotte da abili rimaneggiatori di leggende antiche a credere
che Gesù di Nazareth non è, in realtà, mai stato crocifisso.
«È una constatazione poco lusinghiera per la natura umana - scriveva
anni fa il più grande studioso biblico della storia della Passione, Raymond
Brown – che quanto più fantastico è lo scenario immaginato,
tanto più sensazionale è la propaganda che riceve e più
forte l'interesse che suscita.
Persone che non si darebbero mai la pena di leggere un'analisi seria delle
tradizioni storiche sulla passione, morte e risurrezione di Gesú, sono
affascinate da ogni nuova teoria secondo cui egli non fu crocifisso e non morì,
specialmente se il seguito della storia comprende la sua fuga con Maria Maddalena
verso l'India (o verso la Francia, secondo la versione più aggiornata)…
Queste teorie dimostrano che quando si tratta della Passione di Gesù,
a dispetto della massima popolare, la fantasia supera la realtà, ed è,
ahimè, anche più redditizia».
Si fa un gran parlare del tradimento di Giuda e non ci si accorge che lo si
sta rinnovando. Cristo viene ancora venduto, non più ai capi del sinedrio
per trenta denari, ma a editori e librai per miliardi di denari… Nessuno
riuscirà a fermare quest'ondata speculativa, che anzi registrerà
un'impennata con l'uscita imminente di un certo film, ma essendomi occupato
per anni di storia delle origini cristiane sento il dovere di attirare l'attenzione
su un equivoco madornale che è al fondo di tutta questa letteratura pseudo-storica.
L'equivoco consiste nel fatto che si utilizzano degli scritti apocrifi del
II-III secolo (Vangelo di Tommaso, di Filippo, di Giuda) per far dire loro esattamente
il contrario di quello che intendevano. Essi fanno parte della letteratura
gnostica. Per la gnosi il mondo materiale è una illusione e una prigione;
Cristo non è morto sulla croce, per il semplice motivo che non aveva
mai assunto, se non in apparenza, un corpo umano, essendo questo indegno di
Dio (docetismo); se in uno di tali scritti, di cui si è fatto gran
parlare nei giorni scorsi, egli stesso ordina a Giuda di tradirlo è perché,
morendo, lo spirito divino che è in lui potrà finalmente liberarsi
dell'involucro della carne e risalire al cielo.
La donna si salverà solo se il «principio femminile» (thelus)
da essa impersonato, si trasformerà nel principio maschile, cioè
se cesserà di essere donna. Si capisce perché la setta dei
manichei adottarono tali vangeli come le proprie scritture. La cosa buffa
è che oggi c'è chi crede di vedere in questi scritti l'esaltazione
del principio femminile, della sessualità, del pieno e disinibito godimento
di questo mondo materiale, in polemica con la Chiesa ufficiale che avrebbe sempre
conculcato tutto ciò!
Lo stesso equivoco che si nota a proposito della dottrina della reincarnazione.
Presente nelle religioni orientali come una punizione dovuta a precedenti colpe
e come la cosa a cui si anela porre fine con tutte le forze, essa è accolta
in Occidente come una meravigliosa possibilità di tornare a vivere e
a godere indefinitamente di questo mondo.
Sono cose che non meriterebbero di essere trattate in questo luogo e in questo
giorno, ma non possiamo permettere che il silenzio dei credenti venga scambiato
per imbarazzo e che la buona fede (o la dabbenaggine?) di milioni di persone
venga grossolanamente manipolata dai media, senza alzare un grido di protesta
in nome non solo della fede, ma anche del buon senso e della sana ragione.
È il momento, credo, di riascoltare l'ammonimento di Dante Alighieri:
«Siate, Cristiani, a muovervi più gravi: non siate come penna
ad ogni vento, e non crediate ch'ogni acqua vi lavi. Avete il novo e 'l
vecchio Testamento, e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; questo vi basti a
vostro salvamento… Uomini siate, e non pecore matte». (...)
L'enciclica Deus caritas est ci indica un nuovo modo di fare apologia della
fede cristiana, forse l'unico possibile oggi e certamente il più efficace.
Non contrappone i valori soprannaturali a quelli naturali, l'amore divino all'amore
umano, l'eros e l'agape, ma ne mostra l'originaria armonia, sempre da riscoprire
e da risanare, a causa del peccato e della fragilità umana. «L'eros
- scrive il Papa - vuole sollevarci "in estasi" verso il Divino, condurci al
di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa,
di rinunce, di purificazioni e di guarigioni" .
Il vangelo è, sì, in concorrenza con gli ideali umani, ma nel
senso letterale che «con-corre» alla loro realizzazione. Non
esclude l'eros dalla vita, ma il veleno dell'egoismo dall'eros. Vi sono tre
ordini di grandezza, ha detto Pascal in un celebre pensiero. Il primo è
l'ordine materiale o dei corpi: in esso eccelle chi ha molti beni, chi è
dotato di forza atletica o bellezza fisica. È un valore da non disprezzare,
ma il più basso. Sopra di esso c'è l'ordine del genio e dell'intelligenza
in cui si distinguono i pensatori, gli inventori, gli scienziati, gli artisti,
i poeti. Questo è un ordine di qualità diversa. Al genio non aggiunge
e non toglie nulla l'essere ricco o povero, bello o brutto. Questo del genio
è un valore certamente più alto del precedente, ma non ancora
il supremo. Sopra di esso c'è un altro ordine di grandezza, ed è
l'ordine dell'amore, della bontà. (Pascal lo chiama l'ordine della santità
e della grazia).
Una goccia di santità, diceva Gounod, vale più di un oceano di
genio. Al santo non aggiunge e non toglie nulla l'essere bello o brutto, dotto
o illetterato. La sua grandezza è di un ordine diverso. Il cristianesimo
appartiene a questo terzo livello. Nel romanzo Quo vadis, un pagano chiede all'apostolo
Pietro appena giunto a Roma: «Atene ci ha donato la sapienza, Roma la
potenza; la vostra religione cosa ci offre?» E Pietro risponde: l'amore!
L'amore è la cosa più fragile che esista al mondo; viene rappresentato,
ed è, come un bambino. Lo si può uccidere con nulla, come - lo
abbiamo visto con orrore in Italia nelle passate settimane - si può fare
con un bambino.
Ma cosa diventano la potenza e la scienza, la forza e il genio, senza l'amore
e la bontà? Diventano Auschwitz, Hiroshima e Nagasaki, il terrorismo
e tutto il resto che conosciamo bene. (...) Gesù chiama Giuda «amico»
(Mt 26, 50) non perché Giuda lo amasse, ma perché lui lo amava!
Non c'è amore più grande che dare la propria vita per i nemici,
considerandoli amici: ecco il senso della frase di Gesù. Gli uomini possono
essere, o atteggiarsi, a nemici di Dio, Dio non potrà mai essere nemico
dell'uomo. È il terribile vantaggio dei figli sui padri (e sulle madri).
Dobbiamo riflettere in che modo, concretamente, l'amore di Cristo sulla croce
può aiutare l'uomo d'oggi a trovare, come dice l'enciclica, «la
strada del suo vivere e del suo amare». Esso è un amore di misericordia,
che scusa e perdona, che non vuole distruggere il nemico, ma semmai l'inimicizia
(cfr. Ef2,16). Geremia, il più vicino tra gli uomini al Cristo della
Passione, prega Dio dicendo: «Possa io vedere la tua vendetta su di loro»
(Ger11,20); Gesú muore dicendo: «Padre, perdona loro, perché
non sanno quello che fanno» (Lc23,34).
È proprio di questa misericordia e capacità di perdono che abbiamo
bisogno oggi, per non scivolare sempre più nel baratro di una violenza
globalizzata. L'Apostolo scriveva ai Colossesi: «Rivestitevi, come amati
di Dio, santi e diletti, di sentimenti (alla lettera: di viscere!) di misericordia,
di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi
a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi
nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate
anche voi» (Col3,12-13).
Avere misericordia significa impietosirsi (misereor) nel cuore (cordis) a riguardo
del proprio nemico, capire di che pasta siamo fatti tutti quanti e quindi perdonare.
Cosa potrebbe succedere se, per un miracolo della storia, nel Vicino Oriente,
i due popoli da decenni in lotta, anziché alle colpe, cominciassero a
pensare gli uni alla sofferenza degli altri, a impietosirsi gli uni degli altri.
Non sarebbe più necessario nessun muro di divisione tra loro. La stessa
cosa si deve dire di tanti altri conflitti nel mondo, compresi quelli tra le
diverse confessioni religiose e Chiese cristiane.
Il vangelo gnostico di Giuda ed i vangeli canonici del prof.Giancarlo Biguzzi
Per altri articoli e studi sui vangeli apocrifi presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici
[1] Marvin Meyer, Giuda e la rivelazione gnostica, in Il vangelo di Giuda, R.Kasser, M.Meyer, G.Wurst (a cura di), National Geographic-White Star, Vercelli, 2006, pag.134.
[2] Marvin Meyer, Giuda e la rivelazione gnostica, in Il vangelo di Giuda, R.Kasser, M.Meyer, G.Wurst (a cura di), National Geographic-White Star, Vercelli, 2006, pag.140.
[3] Marvin Meyer, Giuda e la rivelazione gnostica, in Il vangelo di Giuda, R.Kasser, M.Meyer, G.Wurst (a cura di), National Geographic-White Star, Vercelli, 2006, pag.136.
[4] Marvin Meyer, Giuda e la rivelazione gnostica, in Il vangelo di Giuda, R.Kasser, M.Meyer, G.Wurst (a cura di), National Geographic-White Star, Vercelli, 2006, pag.148.