Il brano che mettiamo a disposizione on-line ci introduce alla
comprensione del significato di “Logos” – tradotto in latino con
“Verbum” ed in italiano con “Verbo” – nel Prologo del Vangelo di
Giovanni.
Il testo è tratto da Il vangelo secondo Giovanni, di C.M.Martini, Borla, Roma, 1981,
pagg. 26-30, volumetto che è una rielaborazione degli esercizi spirituali che Martini
predicò ad un gruppo di confratelli gesuiti nel 1974 (da qui il riferimento ai
presbiteri che incontriamo nelle righe trascritte).
Martini si propone di individuare – non in vista di una trattazione esegetica, ma al
fine di una comprensione spirituale degli esercitanti – il senso esistenziale inteso da
Giovanni nel caratterizzare come Logos il Figlio co-eterno e con-sostanziale con il
Padre.
Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la messa a disposizione on-line
non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.
L’Areopago
Vi propongo di riflettere sui vari significati. che può avere la
parola logos, che fa da protagonista nell'azione del dramma rappresentato brevemente nei
18 versi del prologo. Questa parola logos è una parola disperante, perché
forse è la parola greca che ha più significati: la mente, la ragione, il conto
della spesa, e molte altre cose estremamente disparate. C'è da domandarsi perché
mai Giovanni abbia scelto questa parola invece di sceglierne altre più precise. Per
esempio, se voleva indicare la «parola di Dio», perché non ha scelto
rema, che forse era il termine più adatto per indicare espressamente la parola
creativa di Dio? Se voleva indicare la «sapienza», perché non ha scelto
sophia o altre parole analoghe? Ci troviamo invece qui di fronte ad una vera e propria
ridda di significati; mi sembra tuttavia non inutile prendere in considerazione i principali
fra essi, senza pretendere in nessun modo di collocarci sul piano esegetico, bensì su
quello della nostra meditazione esistenziale. Probabilmente Giovanni, dandoci una visione
«telescopica» di tutti questi significati, ha voluto appunto offrirci una specie di
scala per salire, grado a grado, fino a dove egli ci vuol portare.
I significati della parola, dunque, sono molti: per un greco il significato più
evidente, che egli recepiva dal diffuso contesto filosofico, era quello di logos delle
cose, cioè la ragione ultima d'essere della realtà. Benché gli esegeti, di
solito, non insistano su questo significato, perché sostengono che la derivazione del
logos giovanneo sarebbe piuttosto di tipo sapienziale, o in genere veterotestamentaria,
è impossibile immaginare che un presbitero di Efeso di quel tempo, sentendo parlare del
logos in senso assoluto, non pensasse alla ragione ultima delle cose, al perché
del mondo, e quindi non cominciasse di qui la sua riflessione. Elenco allora cinque
fondamentali significati:
1. ragione d'essere della realtà; 2. parola creatrice: Dio creò tutto con la
parola; 3. sapienza che presiede alla creazione, quindi sapienza ordinatrice; 4. parola
illuminante e vivificante; 5. parola rivelatrice: il Figlio di Dio viene fra noi in Gesù
(s'incarna), ed è Gesù che rivela il Padre.
Mi sembra che Giovanni veda l'intera serie di questi cinque significati - tra altri che forse
si potrebbero aggiungere - come se essi fossero ordinatamente infilati l'uno nell'altro;
perciò noi possiamo prenderli in considerazione uno dopo l'altro, e così
ricostruire il disegno giovanneo.
1. Logos, ragione u1tima delle cose
La ragione ultima della mia esistenza così com'è in Dio. Questo è
certamente un primo messaggio, forse implicito, ma evidentissimo, da cui deve partire il
presbitero. La mia esistenza così com'è - e tutta la situazione umana - ha una
ragione, ha un perché, ha un significato. E questo significato ultimo è in
Dio.
2. Logos, parola creatrice
Dove sta questo significato ultimo di tutta la realtà, di tutte le cose, della mia
situazione umana? Sta nella dipendenza da Dio. Dipendenza da riconoscersi, con Ignazio, nella
lode e nella riverenza. Se la ragione ultima di ogni cosa è una parola creatrice di Dio,
questo senso di dipendenza totale da Dio, da riconoscersi con riverenza e lode, è il
primo atteggiamento sul quale gli altri si possono costruire e senza il quale nessuna
disciplina spirituale può essere costruita.
3. Logos, sapienza ordinatrice
Presso Dio è la ragione ultima non solo dell'essere delle cose, ma dell'essere
«qui e adesso». Cioè: tutte le situazioni dell'esistenza, tutto ciò
che gegonen («è avvenuto») e avviene ora, ha un significato nella
sapienza ordinatrice di Dio. Tutto il cosmo, di cui si parla nel v. 9, ha questo
significato.
Questa considerazione è amplissima e chiarificatrice, perché a partire da essa
nessuna situazione umana è priva di senso, anche la più strana apparentemente;
sia la mia situazione di uomo, sia la situazione dell'umanità e del mondo, sia la
situazione della Chiesa: tutto ha un significato nella sapienza ordinatrice di Dio. Solo se si
confida in questo, può aver inizio la formazione del presbitero. Se manca questa
fiducia, si comincia con l'amarezza e con la deprecazione, e si rimane preda dello spavento che
ci prende di fronte all'impressione del disordine illimitato. Dunque presso Dio è la
ragione ultima di tutte le situazioni dell'esistenza: dell'essere il cosmo oggi
così.
4. Logos, phos e zoè
Questa ragione dell'esistenza è logos, nel senso di phos (luce) e
zoè (vita); tutto ha un senso, e questo senso è luminoso e vivificante.
Ossia, malgrado le oscurità della situazione presente dell'uomo, malgrado la tragedia
umana che ci circonda, malgrado le prove della Chiesa e le situazioni quasi assurde nelle quali
si trova il mondo e possiamo trovarci anche noi, esiste al fondo di tutto un
euaggélion (un «vangelo»), che ci assicura esserci una ragione
luminosa e vivificante di tutte queste cose, se solo sappiamo coglierla e lasciarci trasformare
da essa.
5. Questo Logos è Gesù Cristo fra noi che ci parla del Padre
Le parole di Gesù, che ascoltiamo nella Scrittura, e la sua stessa realtà
personale costituiscono il senso luminoso ed edificante di tutta l'esperienza umana,
così come noi la percepiamo. È questo lo sfondo sicuro - e necessario - su cui si
innesta tutta la costruzione successiva. Senza questa fiducia di fondo nella sapienza
creatrice, che regola le situazioni presenti e si manifesta in Cristo come
«vangelo», non c'è speranza di fare meglio, non c'è speranza di
cambiare se stessi e non c'è speranza per il mondo. La nostra speranza, infatti, sta
tutta in questo radicarsi di ogni cosa nella ragione ultima, che è la creazione divina e
la presenza fra noi di Gesù Cristo, il quale rivela le parole di Dio e crea una
situazione di verità e di grazia nel mondo: Gesù «pieno di grazia e di
verità» (1, 14).
Ecco dunque l’atteggiamento da assumere di fronte al Vangelo di Giovanni - del tutto
corrispondente per altro a quella solidità del principio e di appoggio, che Ignazio
voleva offrire col suo Principio e Fondamento - un atteggiamento ispirato al senso che tutto da
Dio dipende e a Dio va, e che la nostra azione può inserirsi in maniera sensata,
ragionevole, giusta, in questo movimento, qualunque sia la nostra condizione presente.
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da Gesù
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Per altri articoli e studi del card.Carlo Maria Martini o sul vangelo di Giovanni presenti su questo sito, vedi la pagina Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) nella sezione Percorsi tematici