Lei mi chiede come si concilia la mia vita. Me lo chiedo anch'io. Sono ogni giorno sempre più mangiato dal lavoro: corrispondenza, telefono, articoli, visite (da Alberto Hurtado)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 21 /01 /2018 - 00:02 am | Permalink | Homepage
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da Sant'Alberto Hurtado S.J. (1901-1952), apostolo del Cile, in Scritti spirituali "Siempre en contacto con Dios" (non è stato possibile controllare la fonte della citazione che riteniamo comunque affidabile)

Lei mi chiede come si concilia la mia vita. Me lo chiedo anch'io. Sono ogni giorno sempre più mangiato dal lavoro: corrispondenza, telefono, articoli, visite; l'ingranaggio terribile degli affari, congressi, settimane di studio, conferenze promesse per debolezza, per non dire no, o per non lasciare questa occasione di fare il bene; bilanci da coprire; risoluzioni che devono essere prese in considerazione di eventi imprevisti. La corsa a vedere chi arriverà prima in un tale apostolato urgente, in cui la vittoria materialista non è ancora definitiva.

Sono spesso come una roccia colpita ovunque dalle onde che salgono. Non c'è più fuga che in alto. Per un'ora, per un giorno, lascio che le onde frustino la roccia; non guardo l'orizzonte, guardo solo verso l'alto, verso Dio.

Oh, benedetta vita attiva, tutta consacrata al mio Dio, tutta consegnata agli uomini, e il cui eccesso mi guida, per trovarmi e rivolgermi a Dio! Lui è l'unica via d'uscita possibile; nelle mie preoccupazioni, il mio unico rifugio.

Anche le ore nere vengono. L'attenzione tirata continuamente in tante direzioni, arriva il momento in cui non può più: il corpo non accompagna più la volontà. Molte volte ha obbedito, ma ora non può più... la testa è vuota e dolorante, le idee non si uniscono, l'immaginazione non lavora, la memoria è come priva di ricordi: chi non ha conosciuto queste ore? Non c'è altro da rassegnarsi per alcuni giorni, alcuni mesi, forse qualche anno, a fermarsi. Diventare testardo sarebbe inutile: si impone la capitolazione; e poi, come in tutti i momenti difficili, scappo a Dio, consegno tutto il mio essere e il mio volere alla sua provvidenza di Padre, nonostante non abbia forze nemmeno per parlargli.

Ah, e come ho capito la sua bontà ancora in questi momenti... in Dio mi sento pieno di una speranza quasi infinita. Le mie preoccupazioni si disperdono. Le ho abbandonate. Io mi abbandono tutto intero tra le sue mani. Io sono suo e lui ha cura di tutto e di me stesso. La mia anima finalmente riappare tranquilla, serena. Le preoccupazioni di ieri, le mille preoccupazioni perché "venga a noi il suo regno" e anche il grande tormento di pochi istanti fa davanti al timore del trionfo dei suoi nemici... tutto lascia spazio alla tranquillità in Dio, posseduto ineffabilmente nel punto più spirituale della mia anima.

Dio: la roccia immobile contro la quale si rompono invano tutte le onde. Dio, il perfetto bagliore che nessuna macchia offusca; Dio, il vincitore definitivo è in me. Io lo raggiungo con pienezza al termine del mio amore. Tutta la mia anima è in lui, e poi, dolcemente, sicuramente, come se i combattimenti della vita e le insicurezze e incertezze mi avessero completamente abbandonato. Sono immerso nella sua luce. Mi penetra con la sua forza. Mi ama.